Uccidere la dignità

Il mondo va così: la crisi, la tecnologia, la spending review, la delocalizzazione. I nomi usati sono tanti, ma per chi viene fatto fuori dal processo produttivo sono solo modi diversi di dire la stessa cosa: licenziato. Che oggi come oggi è la maniera più rapida per finire nel baratro della povertà. Una situazione mai nemmeno immaginata da persone che fino a poco tempo fa avevano un posto di lavoro, uno stipendio magari anche alto, una famiglia, un futuro possibile. Ora invece sono sempre di più quelle che affollano le mense della Caritas, che chiedono un pasto caldo perché ormai private di tutto. Molto spesso agli operatori umanitari che portano sostegno materiale alle famiglie si sentono chiedere anche un supporto umano e morale, a testimonianza della condizione di assoluto abbandono in cui spesso versano questi reietti della società.

Persone private soprattutto della dignità, costrette a mendicare qualche centesimo tra il disprezzo degli altri. In alcuni casi la cattiveria della gente arriva anche agli sputi e agli insulti; nessuno ha voglia di chiedersi perché ci si trova in situazioni simili, nessuno mostra un briciolo di comprensione. Tantomeno le istituzioni, che sul lavoro spendono fiumi di parole salvo poi lasciare queste persone abbandonate a se stesse. Eppure sono nostri connazionali, vicini di casa, magari ex colleghi con i quali fino a poco tempo fa si faceva colazione insieme. Uomini e donne oggi divorati dalla rabbia silenziosa di chi grida senza essere ascoltato, devastati dall’umiliazione di ritrovarsi con un cartello appeso al collo senza avere nessuna colpa, schiacciati dalla vergogna di mostrarsi così ai figli.

Una società che utilizza l’indifferenza come condizione utile a narcotizzare i problemi non può definirsi “civile”. Il divario tra i “ricchi” e gli altri è aumentato a livelli di guardia, la ridistribuzione della ricchezza del Paese è malata ormai di un evidente squilibrio. I giovani precari rimbalzano da un contratto all’altro salvo poi riscoprirsi adulti e senza lavoro; i cinquantenni non vengono nemmeno presi in considerazione. Il mercato del lavoro è fermo, la flessibilità è un concetto astratto. L’articolo 18, tanto evocato in questi giorni, a questo punto rischia di diventare solo una garanzia per pochi eletti.