I troppi fuochi che circondano Mario Draghi

Anche i grandi premier, dotati di aplomb, a volte perdono le staffe. Soprattutto se il fine del provocatore è dichiaratamente polemico. Tutto accade al question della Camera. A rispondere alle interrogazioni è il presidente del Consiglio, Mario Draghi e l’ultima domanda che gli viene rivolta arriva da Fratelli d’Italia. Al centro la vexata quaestio del catasto, che ha rischiato di mettere in seria difficoltà il governo, dopo l’aut aut posto in Commissione sulla delega fiscale dalla sottosegretaria al Mef, Cecilia Guerra, quando le forze di centrodestra che sostengono l’esecutivo avevano annunciato il voto favorevole all’emendamento soppressivo della riforma. Emendamenti poi bocciati per un solo voto di differenza.

FdI, fedele al proprio ruolo di opposizione, riporta la questione in Aula e rivolge la domanda sulle tasse sulla casa direttamente a Draghi. Che lancia qualche stilettata, ribadendo che la riforma del catasto contenuta nella delega fiscale non prevede un aumento delle tasse ma l’obiettivo è la trasparenza. “La legge delega non porta nessun incremento sull’imposizione fiscale degli immobili regolarmente accatastati. “Nessuno pagherà più tasse su questo”, ha sottolineato con forza il premier. “L’impianto del catasto è del 1939 ci sono state tante cose in mezzo, anche una seconda guerra mondiale. Gli estimi sono dell’89, sono passati quanti, 23 anni? No, 33 anni. Ma ormai è diventata una materia così emotiva che sbaglio anche io…”. Insomma, il clima è teso e la polemica sul catasto è solo il termometro della situazione.

Draghi, questo ormai è chiaro a tutti, avverte la pressione e il peso delle scelte, dettate dallo scenario internazionale, ma non per questo può mollare. Solo che l’opposizione fa il suo mestiere andando al di là del contingente. Giusto o sbagliato che sia è il gioco delle parti. La replica spetta al deputato di FdI, Tommaso Foti, che perde la pazienza e alza di molto il tono della voce: “Signor presidente del Consiglio, il catasto sarà del ’39, lei è del ’47 ma salvo Renzi nessuno la vuole rottamare. Ci sia però consentito dire che lei ha dato una risposta al Parlamento che la smentisce perché in Parlamento esiste un documento, la delega fiscale, dove a pagina 15 della relazione tecnica si scrive testualmente che la norma è coerente con le linee guida della commissione europea che raccomanda di ridurre la pressione fiscale sul lavoro compensando con la riforma dei valori catastali non aggiornati”, scandisce Foti. L’Aula rumoreggia, interviene il presidente Roberto Fico per richiamare all’ordine. Foti prosegue, alzando ancor più il tono rivolgendosi a Draghi: “Lei non deve spiegarlo ai banchi di FdI ma al suo governo e alla sua maggioranza perché il suo governo ha detto che ‘o si approva così’ la riforma del catasto o si va a casa’ e un gruppo della sua maggioranza ha detto che i nostri ministri non l’hanno approvata e un altro gruppo dice che è la ‘schiforma del catasto‘ e la sinistra dice che è giusto che chi paga di meno deve pagare di più. La sua è una proposta esilarante di venire qui a voler fare le pulci a FdI: noi avremo tanti difetti ma abbiamo sempre operato perché i proletari possano diventare proprietari e lei oggi ha una maggioranza più interessata ai mercati finanziari che ai mercati rionali, e questa norma ne è la riprova”, chiosa Foti tra applausi e proteste, mentre Draghi lascia l’emiciclo.

Perché là fuori potrà esserci anche la guerra, ma agli italiani non puoi toccare la casa. Sia mai. Del resto l’interesse di bottega, come sempre prevale, sul bene comune. Catasto a parte, con relativo scontro, Draghi, sull’attualità, è stato puntuale come sempre. “Dobbiamo muoverci con rapidità e decisione per difendere il potere d’acquisto delle famiglie e la competitività delle nostre imprese. Forse è anche il caso di dire la sopravvivenza delle nostre imprese”. Il premier, consapevole che le sanzioni contro la Russia “non dureranno poco”, e che “il coraggio e l’integrità dell’Italia”, richiederanno sacrifici non ha edulcorato la realtà. Farlo sarebbe un danno per tutti. Per questo il presidente del Consiglio, al question time, ha indicato la rotta da seguire.

Diminuire l’import di gas dalla Russia, “che è aumentato anche dopo l’annessione della Crimea” del 2014. Diversificare le fonti per l’approvvigionamento di energia e per l’agroalimentare, ridurre i consumi di energia e aiutare le imprese e le famiglie. In questo senso, ha ribadito, sono già stati stanziati 16 miliardi per i primi due trimestri del 2022, “ma non bastano”, ha sottolineato Draghi. La situazione è difficile, inutile negarlo. E chi lo fa, fa solo un torto agli italiani. Del resto dobbiamo rendere atto al premier di trovarsi in mezzo a troppi fuochi con la crisi internazionale che vuole il suo tempo. Pensare di sfiancare così l’esecutivo rischia di costare caro a tutti, più delle ritorsioni della Russia.