Tornare all’essenziale

Per molte delle grandi cose bastano poche parole. Le cose essenziali parlano da sé, sono opere, gesti che racchiudono un’eloquenza più grande. Non possono essere sostituite o mascherate con un discorso – anche se fosse molto bello. Le opere hanno il loro peso. Generano le parole, ma solo per toccarci, per arrivare in fondo al nostro cuore. In realtà contano solo le opere che compiamo e l’effetto che provocano. Il resto è solo un’interpretazione.

Non si devono confondere le opere coi fatti. I fatti sono la realtà che vediamo da fuori. Le opere – i frutti delle nostre azioni – scendono più a fondo. Non possono essere pienamente visibili. Ciò che facciamo deve arrivare nella nostra parte più profonda perché è destinato ad operare e trasformare. Nessuna delle nostre opere rimane indifferente. Tutte portano con sé conseguenze di cui non sempre ci accorgiamo. Le parole non potranno mai avere la forza delle opere. Possono solo raccontarle, interpretarle. Ma non basteranno mai.

Il Vangelo vive di questo rapporto opere-parole. Il testo di San Marco ne è uno degli esempi migliori: riduce le parole per mettere in rilievo le opere di Gesù. Anche le sue parole sono sempre inserite in un contesto operativo. La vita di Gesù non è nient’altro che l’opera del Padre. In questo consiste il mistero del Verbo incarnato: è il verbo operante. In questo modo Gesù è mandato dal Padre: per fare la volontà del Padre, non per raccontarla. Per questo Gesù vive, agisce piuttosto che parlare. Le sue parole risultano dalle sue opere, le accompagnano – soprattutto quella principale, quella pasquale.

Il brano del vangelo di questa prima domenica di Quaresima non è nient’altro che la condensazione dell’operatività salvifica di Gesù: egli sembra raccogliersi in se stesso – discretamente, ma profondamente. Ogni suo gesto ha un proprio valore, porta verso l’evento pasquale.

La Quaresima ci ricorda la necessità di questo atteggiamento. Proprio per questo breve frammento scritto da San Marco.  Che densità e compattezza! Lo Spirito agisce su Gesù – ma in che modo? Lo sospinge. Come comprenderlo? E qual è effetto di questa azione: quaranta giorni nel deserto! Quattro parole di quale spessore! Ma questo non basta. Nel deserto Gesù viene tentato da Satana. Questo testo di S. Marco può essere interpretato anche così e cioè che le tentazioni avvenivano durante tutti questi quaranta giorni. Dai racconti di altri Evangelisti sappiamo che non era così. Ma per San Marco è un dettaglio insignificante. Conta l’eloquenza e la densità delle opere che accadono: quella dello Spirito, di Gesù e di Satana. Ma questo non finisce: Arrivano ancora le bestie selvatiche e gli angeli: tutto il cosmo assieme alla natura viene coinvolto nell’opera quaresimale di Gesù.

Dopo l’episodio del deserto tutto accelera. Viene arrestato Giovanni, Gesù si reca nella Galilea – e solo qui San Marco ci fa sentire le parole di Gesù: sul tempo e sulla conversione.

Quale sfondo esistenziale ed umano, portava con sé questo primo messaggio dal Vangelo! Quale lezione indimenticabile sulle cose essenziali della vita che sbocciano nell’insegnamento. Ogni Quaresima, essendo il tempo privilegiato di conversione, è un appello per tornare alle cose essenziali. Per fare tutto nella vita con impegno, responsabilità fino alla fine. Ogni gesto nella nostra vita ha il suo valore, ma anche il suo peso. Vissuto fino in fondo si configura in tante nuove realtà. Solo così viviamo davvero: nella fedeltà a tutto ciò che dobbiamo fare, cioè arrivare là dove ci sospinge lo Spirito. Solo da questa fedeltà nascono le parole forti che arrivano al cuore.