La strategia del premier Draghi

© Palazzo Chigi

Potrebbe anche essere la strategia del ragno. Potrebbe, non è detto però. Sicuramente nel procedere di Mario Draghi c’è un cambio di passo, un modo diverso, forse non nuovo per la politica italiana, per gestire le bizzose, e rissose, posizioni contrapposte dei partiti che compongo la sua maggioranza. Destinata a scontrarsi e misurarsi su tutto, ormai. Dunque il premier, per il momento, sembra aver disinnescato anche questa mina, aggirando lo scoglio. Ma non per questo è legittimo credere ad un esecutivo che navighi a vista. La mappa, da qualche parte, c’è sicuramente. Non solo. Nella logica dei ragni, appunto, di sicuro c’è tela del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, servita a rasserenare gli animi, dimostrando la debolezza di chi vorrebbe strappare ma non ha la forza per farlo realmente.

Non a caso il capo politico del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, al Capo dello Stato ha spiegato di non voler uscire dal governo, anche se resta ancora il gelo tra il premier Draghi e l’ex inquilino di palazzo Chigi. Perché è vero che il presidente del Consiglio ha fatto un riconoscimento politico dell’apporto M5s (considerato “fondamentale”) all’esecutivo e sottolineato di essere ora in contatto con Conte e non con Grillo ma in qualche modo ha “sfidato” proprio il Movimento 5 stelle: un eventuale appoggio esterno dei pentastellati porterebbe alla fine dell’esecutivo. Tesi non a caso sposata dal segretario del Pd Letta che si è rivolto anche a M5s non solo al centrodestra affinché si evitino fughe in avanti. E lo stesso Draghi ha fatto sapere che non sarà premier con un’altra maggioranza. Insomma, chi dovesse staccare la spina avrebbe poi la responsabilità di portare il Paese alle urne.

Il premier non vede questi segnali anche se non nasconde una certa preoccupazione. “Chiedete a loro”, si limita a dire ai cronisti riguardo l’atteggiamento di M5s e Lega, “il governo si muove guardando agli interessi degli italiani come bussola”. Nelle parole del Capo dell’esecutivo c’è anche un po’ di amarezza, perché nel momento in cui l’Italia ottiene risultati a livello internazionale – dal Consiglio europeo al G7 e al vertice Nato – si preferisce focalizzare l’attenzione “su polemiche che non interessano gli italiani”. Il ‘casus belli’ è la confidenza del sociologo De Masi al ‘Fatto’, ruota sul presunto tentativo di Draghi di far fuori Conte dalla guida del Movimento. Il premier nega, dice di voler vedere i messaggi che lo coinvolgono, ribadisce di non essersi mai intromesso nelle dinamiche interne, ricorda come la nascita del governo sia legata alla partecipazione M5s. Senza verrebbe meno il governo stesso. E ora? Nel Movimento 5 stelle la spinta per un gesto eclatante è sempre più forte. “Se non strappiamo rischiamo di morire, di arrivare al 3%”, il ‘refrain’ tra i gruppi parlamentari. Ma Conte non ha intenzione di mollare, ritiene – spiega un fedelissimo – uno smacco il paragone con il Salvini del Papetee.

E le tele dei due ragni, Draghi e Mattarella, per il momento sembrano tenere. Draghi, in conferenza stampa, ha annunciato che ci sarà un nuovo contatto tra i due e rimarcato, tra l’altro, che non c’è stata una richiesta di un rimpasto. Perché Conte non vuole metterci la faccia su una ‘vicenda’ di poltrone ma il ragionamento tra i ‘big’ M5s è che “ormai non abbiamo nessuno neanche al Mef”, dove passano tutti i dossier più importanti. Le prime prove del rapporto tra governo e M5s ci saranno nei prossimi giorni. “Al momento è una tregua armata”, riassume una fonte parlamentare in attesa di una possibile nuova tempesta. Il governo infatti non ha intenzione di modificare la norma sul termovalorizzatore di Roma, ritiene che non sia possibile neanche imbastire una trattativa. Se l’esecutivo dovesse blindare il dl aiuti M5s voterebbe sì alla fiducia ma no al provvedimento finale. E non parteciperebbe – questo l’orientamento – al voto nell’emiciclo nel passaggio del decreto al Senato.

Sul tavolo poi c’è il ‘congelamento’ del superbonus, con il tema aperto delle cessioni dei crediti, e la questione dell’invio delle armi. Non a caso Draghi ha ricordato come G7 e Nato siano uniti a voler dare un aiuto anche militare a Kiev. Nel frattempo, Draghi guarda avanti. Ha cominciato la conferenza stampa sottolineando gli obiettivi raggiunti sul Pnrr e le nuove scadenze a dicembre, ha evidenziato come il lavoro del governo serva a ridare il potere d’acquisto alle famiglie e che senza il dl bollette “sarebbe stato un disastro”. Ha parlato dell’emergenza siccità (“da lunedi’ ok ai piani delle regioni”), del tema energia (“L’andamento degli stoccaggi è buono, tra il 50 e il 60%; la dipendenza russa scesa da 40% a 25%) ma ha posto l’attenzione soprattutto sul momento delicato invocando unità e determinazione da parte delle forze politiche. “Resto ottimista”, ha detto anche di fronte alle spinte della Lega che ritiene impossibile continuare qualora il Pd insista sullo ius scholae. E se il ragno è ottimista la tela non può crollare…