L’attuale crisi della politica, dei partiti e della democrazia, ormai ampiamente svuotata dei suoi ideali, specie quello della libertà, è sotto gli occhi di tutti. Tale crisi va intesa, per un primo verso, come deficit di rendimento dei sistemi democratici e, per un secondo verso, come sfiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni e delle élite politiche democratiche. Si tratta di un fenomeno rilevante, ampiamente studiato e discusso anche in ambito politologico. Non a caso si può constatare che, a proposito della democrazia, si parli, fra l’altro, di malessere, di autoritarismo, di “pazzo-democrazia”, di democrazia senza democratici, di democrazia insoddisfatta, di finzione recitativa.
Alla fine del ventesimo secolo, scrive Emilio Gentile, “la peggiore forma di governo, eccetto tutte le altre” sembrava destinata a trionfare nel mondo. Nel 1991 Norberto Bobbio riteneva che non fosse “troppo temerario chiamare il nostro tempo l’era delle democrazie”. Ma nel primo ventennio del ventunesimo secolo, la democrazia rappresentativa e partecipativa appare ovunque in crisi. Appare in crisi soprattutto la sua anima etico-culturale, senza dimenticarne la crisi strutturale. Oggi, inoltre, appare chiaro che, a fronte della rinascita di nazionalismi arcaici, solo una visione sovranazionale, coniugata in termini di solidarietà e di sussidiarietà, può salvare le democrazie, superando sovranismi asfittici.
In un contesto di terza guerra mondiale, in cui viene a prospettarsi una nuova configurazione dell’Occidente europeo rispetto alle grandi potenze mondiali emergenti, sembra essere messa in crisi la “promessa” fondamentale che la modernità aveva immesso nel genoma della democrazia: l’emancipazione della soggettività e la liberazione dalle catene del dominio eteronomo per essere realmente autonomi e, per questo stesso, più liberi.
Se alla fine del secolo scorso la democrazia sembrava poter affermarsi in tutto il mondo, all’inizio di questo secolo appare ovunque in crisi. La sua promessa di libertà per tutti i popoli viene indebolita sia sul piano del funzionamento delle istituzioni democratiche (istituzioni di governo ai diversi livelli – da quello locale a quello internazionale –, parlamenti, partiti), sia sul piano del coinvolgimento popolare nei processi decisionali ed elettorali (si pensi all’astensionismo e alla disaffezione), sia sul piano della sua anima etico-culturale.
Nonostante l’accrescimento della comunicazione, prevalgono la frammentazione sociale, l’individualismo utilitarista, che lasciano poco spazio per pensarne il futuro. Con cittadini e rappresentanti intrappolati vieppiù in forme populiste ed illiberali di democrazia, diventa sempre più difficile realizzare la democrazia sostanziale, partecipativa, solidale, deliberativa, inclusiva, dal basso.
Perciò a coloro che siedono in Parlamento e che hanno responsabilità di governo a tutti i livelli istituzionali, si richiede, in particolare, una profonda conoscenza della Carta costituzionale e del suo impianto personalista che supera un approccio di parte rispetto a questioni che riguardano l’intera comunità. È evidente che ciò presuppone una adeguata formazione culturale del personale politico e amministrativo.