Le sfide del nuovo ministero per la transizione ecologica

Ci ha sorpresi il nuovo premier Draghi, allorquando ha annunciato la nascita del nuovo Ministero per la Transizione ecologica, ma è una mossa astuta per accedere pienamente ai fondi del Recovery plan o l’inizio di una vera riforma dell’economia in senso ecologico?

La transizione ecologica – lo sappiamo ormai con chiarezza – è necessaria per una Alleanza fra l’uomo e il Pianeta.

Tuttavia, nonostante i sempre più evidenti segnali di una crisi del Pianeta, l’allarme clima è ancora sottovalutato e l’emergenza sanitaria distoglie l’attenzione sulle sue cause, certamente influenzate dai comportamenti umani e altrettanto influenzanti i cambiamenti climatici.

“L’attuale sistema economico è insostenibile. Siamo di fronte all’imperativo morale, e all’urgenza pratica, di ripensare molte cose: come produciamo, come consumiamo, pensare alla nostra cultura dello spreco, la visione a breve termine, lo sfruttamento dei poveri, l’indifferenza verso di loro, l’aumento delle disuguaglianze e la dipendenza da fonti energetiche dannose”… sono parole di Papa Francesco, gridate a gran voce nell’ultimo anno, ma già presenti cinque anni fa nell’Enciclica “Laudato Si”.

C’è una stretta correlazione tra la crisi ambientale e le scelte economiche, che hanno ignorato le sofferenze dei più poveri e maltrattato la nostra casa comune, la Terra.

Nell’appello del Santo Padre ci sono alcune proposte molto concrete, su cui adesso dovrà misurarsi ogni azione politica ed economica che punta alla transizione in senso ecologico:

La prima è “di promuovere, ad ogni livello, un’educazione alla cura della casa comune, sviluppando la comprensione che i problemi ambientali sono legati ai bisogni umani; un’educazione basata sui dati scientifici e su un approccio etico”.

La seconda parla dell’acqua e dell’alimentazione: “L’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale e universale. È imprescindibile, perché determina la sopravvivenza delle persone e per questo è condizione per l’esercizio di ogni altro diritto e responsabilità”, E “assicurare un’alimentazione adeguata per tutti attraverso metodi di agricoltura non distruttiva dovrebbe diventare lo scopo fondamentale dell’intero ciclo di produzione e distribuzione del cibo”.

La terza proposta è quella della transizione energetica: “Una sostituzione progressiva, ma senza indugio, dei combustibili fossili con fonti energetiche pulite. Abbiamo pochi anni, gli scienziati calcolano approssimativamente meno di trenta, per ridurre drasticamente le emissioni di gas a effetto serra nell’atmosfera. Questa transizione deve essere non solo rapida e capace di soddisfare i bisogni di energia presenti e futuri, ma deve anche essere attenta agli impatti sui poveri, sulle popolazioni locali e su chi lavora nei settori della produzione d’energia”.

Queste proposte sono contenute anche nel Green deal europeo, recepito anche i Italia, e non vi è dubbio che il nuovo ministero della Transizione Ecologica dovrà rispettare la tabella di marcia per rendere sostenibile l’economia e raggiungere la neutralità climatica.

Ma – è bene chiarirlo – siamo di fronte ad una enorme montagna da scalare, siamo di fronte ad enormi interessi da tutelare, siamo di fronte ad una società mondiale protesa verso consumo e conquiste tecnologiche, che produce scarti di ogni genere, a partire da quelli umani.

In un recente rapporto promosso da un ampio cartello di organizzazioni della società civile, si parla di un “Pianeta svenduto” alle multinazionali e si punta l’indice sugli interessi commerciali che stanno alimentando la  distruzione dell’Amazzonia e le violazioni dei diritti umani, soprattutto per i popoli indigeni. Il tutto per aumentare gli scambi fra l’Unione europea e i paesi del Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay) di prodotti particolarmente dannosi per il clima e l’ambiente: da un lato il trattato vuole facilitare l’industria automobilistica europea – e soprattutto tedesca – mentre dall’altro aiuterà allevatori e agricoltori brasiliani e argentini a spedire in Europa centinaia di migliaia di tonnellate di carne, soia, biocarburanti e altri prodotti agricoli, tra cui OGM e prodotti trattati con pesticidi spesso vietati. Tutte produzioni ricavate spesso dalla deforestazione dell’Amazzonia, che con l’abbattimento di regole e controlli potranno entrare nei nostri mercati a prezzi così bassi da colpire duramente il settore agricolo nazionale e continentale. Non solo: anche se ormai è incontestabile il collegamento fra allevamenti industriali e pandemie, questo accordo rafforza un settore che sta contribuendo ad una crisi ecologico-sanitaria senza precedenti.

Finora l’Italia si è allineata acriticamente alle posizioni favorevoli di altri Paesi europei, che spingono per l’approvazione di questo e di altri analoghi accordi.

Il nuovo ministero per la Transizione ecologica dovrà necessariamente cambiare passo, prendere decisioni chiare, partire dalle esigenze del Green deal europeo, ma soprattutto affermare e ampliare la tutela del territorio, del mare e della biodiversità, specialmente per fermare il gravissimo dissesto idrogeologico di cui è vittima il nostro Paese.

Un altro assist lo da Papa Francesco, spiegando come occorra escludere dagli investimenti le compagnie che non soddisfano i parametri dell’ecologia integrale e premiare quelle che si adoperano concretamente in questa fase di transizione per porre al centro della loro attività parametri quali la sostenibilità, la giustizia sociale e la promozione del bene comune.

Oggi più che mai è il tempo della Terra e non possiamo continuare ad usarla senza permettere che si mantenga un equilibrio fertile e prezioso perché abbia un futuro.

Questa è una responsabilità al tempo stesso individuale e comunitaria, se distruggiamo la Terra, distruggiamo anche il nostro futuro, il futuro di chi verrà dopo di noi.

Non possiamo dichiarare, anche a gran voce, di volere uno “sviluppo sostenibile” e poi pensare di poter lasciare alle generazioni future una Terra martoriata come appare oggi. Siamo chiamati a  creare un ambiente dove è possibile vivere bene oggi, senza compromettere quello che sarà il mondo futuro.

In autunno a Taranto si terrà la 49 edizione delle Settimane sociali dei cattolici, con un tema estremamente attuale Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro e futuro. #tuttoèconnesso. Si evidenzia il rapporto tra ecologia ed economia, tra ambiente e lavoro, tra crisi ambientale e crisi sociale, proprio seguendo l’indicazione della Laudato Si: «non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale» (n. 139).

Tutto è in relazione. Una relazionalità costitutiva che tocca il cuore della questione antropologica contemporanea arrivando però a coinvolgere direttamente gli stili di vita delle persone e delle comunità ma anche le scelte di fondo di ordine politico ed economico.

La sfida di un Ministero per la Transizione ecologica è pertanto ardua ma al tempo stesso tempestiva, perché questo è il tempo di azioni necessarie per salvare il Pianeta e riportare un equilibrio fra gli elementi naturali che la compongono. Per farlo, occorrono scelte coraggiose e obiettive, occorre che la Terra torni ad essere Bene comune.

Ci sono tanti soldi per politiche ecologiche, ma occorre spenderli bene perché se ne vedano gli effetti.