Editoriale

Senza libertà religiosa non c’è pace

La libertà è l’aria della religione”, scrive don Primo Mazzolari, precursore del rinnovamento conciliare secondo Giovanni XXIII e testimone del pensiero sociale cattolico nel dopoguerra. La libertà religiosa è un diritto fondamentale eppure viene leso in un terzo dei Paesi del mondo, in cui vivono circa 5 miliardi e 200 milioni di persone, cioè due terzi della popolazione del pianeta. Settecento milioni di cristiani sono cittadini di Paesi in cui la libertà religiosa non viene rispettata. “La libertà religiosa non è solo quella di un pensiero o di un culto privato – afferma Jorge Mario Bergoglio -. E’ libertà di vivere secondo i principi etici conseguenti alla verità trovata, sia privatamente che pubblicamente”.

Oggi nel mondo si ricordano coloro che sono perseguitati per la loro fede. In questo angoscioso periodo di conflitti armati e crisi umanitarie planetarie, ci sono persone, fra cui coloro che appartengono a gruppi minoritari, che continuano a essere discriminate, perseguitate, uccise, incarcerate, espulse o deportate con la forza per le loro tradizioni, identità, convinzioni religiose. In occasione dell’odierna Giornata internazionale di commemorazione delle vittime di atti di violenza basati sulla religione o sul credo, siamo tutti chiamati a dimostrare vicinanza, fraternità e solidarietà verso tutte le vittime di persecuzioni, ovunque si trovino. Ora più che mai, mentre devastanti conflitti armati premono alle porte dell’Europa, la libertà di religione o di credo e la libertà di espressione sono diritti interdipendenti, correlati e che si rafforzano reciprocamente. Quando parliamo di martirio pensiamo istintivamente alle origini del cristianesimo, alle crudeli proibizioni del culto descritte negli Atti degli Apostoli, alle esecuzioni di massa al Colosseo oppure ai totalitarismi criminali del Novecento, ai gulag, ai lager. E invece mai tante catene, spesso subdole e nascoste, cercano di renderci schiavi e di sottometterci a illusioni nichilistiche, mode consumistiche, convenzioni apparentemente innovatrici dietro cui si celano nuove forme di tirannia, dolorose violazioni dell’autonomia di pensiero, interessi di potere o calcoli economici. Da educatori sperimentiamo quotidianamente, in particolare nell’esperienza dell’oratorio, quanto sia connaturata alla condizione umana l’esigenza di socializzare, di condividere, di entrare in empatia.

Fin dall’infanzia “nessuno si salva da solo”, come ripete Jorge Mario Bergoglio e ognuno è uguale agli altri nei diritti ma unico e irripetibile nel modo di essere, di porsi, di rapportarsi al prossimo. E’ questa la “singolarità” che siamo sempre tenuti a rispettare in famiglia, a scuola, nelle realtà associative. In un recente incontro interreligioso, il Pontefice ha invitato i monoteismi ad accogliersi “gli uni gli altri come fratelli”. Cristiani, ebrei e musulmani adorano l’unico Dio e fanno riferimento ad Abramo come padre nella fede. Nel video dedicato alle intenzioni di preghiera del Papa per i cristiani perseguitati, si vedono un crocifisso strappato con rabbia da un muro, una persona costretta a nascondere un libro sacro che stava leggendo, mentre qualcuno bussa con violenza alla sua porta e una chiesa distrutta e violata, con una statua della Vergine Maria decapitata, come quelle della Piana di Ninive in Iraq dopo l’occupazione dell’Isis.

Le vittime di persecuzioni e discriminazioni non devono essere ridotte al silenzio e i responsabili vanno chiamati a rispondere dei loro atti. L’Unione Europea si è impegnata a garantire la tutela dei siti del patrimonio religioso e dei luoghi di culto, specialmente quando gruppi di persone riuniti in tali luoghi sono minacciati. Le istituzioni civili e le autorità morali (dall’Onu alle altre organizzazioni sovranazionali) condannano con fermezza tutti gli atti di distruzione illegittima del patrimonio culturale, spesso commessi durante o dopo un conflitto armato in qualsiasi parte del mondo o come conseguenza di attacchi terroristici. Malgrado ciò la libertà di coscienza è continuamente minacciata in forme meno visibili ma non meno distruttive. Ciò avviene, lontano dai riflettori, anche per effetto della “cultura dello scarto” che nega la sacralità della vita dal concepimento al suo termine naturale. Vediamo in televisione le immagini tremende delle chiese e di altri luoghi di culto distrutti dalle bombe delle operazioni militari o negli attentati terroristici. Ma c’è anche una distruzione che non viene raffigurata dai mass media.

La libertà religiosa, infatti, viene sopraffatta non solo con le armi materiali o gli abusi fisici, ma anche seminando odio, ostilità, diffamazione, “chiacchiericcio”.  E invece, come insegna Francesco, “il futuro sta nella convivenza rispettosa delle diversità, non nell’omologazione ad un pensiero unico teoricamente neutrale”. La religione non può essere usata per giustificare violazioni e abusi dei diritti umani o per alimentare la violenza. Indipendentemente dal dove, da cosa o dal perché, la violenza, la discriminazione e l’intimidazione fondate sulla religione o sul credo fanno riprecipitare l’umanità nella barbarie delle epoche buie. Il Pontefice richiama incessantemente l’attenzione sulle atrocità che trasformano la “casa comune” in un inferno in terra.

Lungo la storia abbiamo visto la tragedia delle coscienze violentate, perciò diventa perciò imprescindibile “il riconoscimento del diritto fondamentale alla libertà religiosa, in tutte le sue dimensioni”, avverte il Papa. Privare persone, comunità e interi popoli della libertà religiosa è la più intima e odiosa delle violenze perché calpesta l’interiorità individuale e collettiva, impedendo di testimoniare ciò in cui si crede. Le Nazioni Unite richiamano oggi tutti gli Stati a difendere la libertà di religione o di credo in linea con il diritto internazionale dei diritti umani e in particolare con la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Quindi le restrizioni illegittime devono essere revocate, la criminalizzazione dell’apostasia e l’abuso delle leggi sulla blasfemia devono cessare, così come l’incitamento alla violenza o all’odio, le conversioni forzate, le campagne intimidatorie e i discorsi d’odio online e offline. Nella tutela condivisa del bene morale si trova una garanzia di crescita e di sviluppo dell’intera comunità.

E’ disumano che ancora oggi molte persone vengano perseguitate perché professano pubblicamente la propria fede. Ogni società ha l’obbligo di assicurare la dignità che nasce dalla fraternità umana. Libertà religiosa non è solo essere liberi di professare anche pubblicamente la propria fede ma è anche la possibilità di valorizzare l’altro nella sua differenza. “Come permettiamo in questa società tanto civilizzata, che ci siano persone che vengono perseguitate semplicemente perché professano pubblicamente la propria fede? – si chiede Francesco-. Questo è inaccettabile, è una follia”. Per essere “artigiani della pace”, dunque, dobbiamo difendere la libertà religiosa da ogni persecuzione. Oggi come duemila anni fa.

don Aldo Buonaiuto

Fondatore e direttore editoriale di In Terris, è un sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII. Da anni è impegnato nella lotta contro la prostituzione schiavizzata

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