Il sangue delle vittime della tratta ricade su di noi

Nessuno può dirsi incolpevole. Il sangue di migliaia di innocenti ricade su tutti noi. Nel giorno della solennità di Santa Bakhita (rapita, schiavizzata e venduta dai negrieri), il mondo celebra la giornata interreligiosa di preghiera e riflessione contro la tratta di persone. L’obiettivo, indicato da Papa Francesco, è liberare ciascuna vittima, rendendola “protagonista della propria vita e parte attiva della costruzione del bene comune”. E proprio la memoria liturgica della martire sud-sudanese a cui il Pontefice ha appena reso omaggio con la visita nel suo paese natale è un “richiamo forte alla dimensione della fede e della preghiera” perché “la sua testimonianza risuona sempre viva e attuale”.

Nella prefazione al mio libro “Donne crocifisse. La vergogna della tratta raccontata dalla strada” (Rubbettino) Jorge Mario Bergoglio racconta quando in uno dei Venerdì della Misericordia durante l’Anno Santo Straordinario è entrato nella casa di accoglienza della Comunità Papa Giovanni XXIII. “Non pensavo che lì dentro avrei trovato donne così umiliate, affrante, provate – scrive il Papa -. Realmente donne crocifisse. Nella stanza in cui ho incontrato le ragazze liberate dalla tratta della prostituzione coatta, ho respirato tutto il dolore, l’ingiustizia e l’effetto della sopraffazione. Un’opportunità per rivivere le ferite di Cristo”. E dopo aver ascoltato i racconti commoventi e umanissimi di queste povere donne, alcune delle quali con il bambino in braccio, il Pontefice ha sentito “il desiderio, quasi l’esigenza” di chiedere loro perdono per “le vere e proprie torture che hanno dovuto sopportare a causa dei clienti, molti dei quali si definiscono cristiani”. Una spinta in più a pregare per l’accoglienza delle vittime della tratta della prostituzione forzata e della violenza. “Una persona non può mai essere messa in vendita – ammonisce il Santo Padre -. Operare per la liberazione delle schiave del terzo millennio comporta “la disponibilità ad esporsi ai pericoli e alle ritorsioni della criminalità che di queste ragazze ha fatto un’inesauribile fonte di guadagni illeciti e vergognosi. È una ferita alla coscienza collettiva, una deviazione all’immaginario corrente. È patologica la mentalità per cui una donna vada sfruttata come se fosse una merce da usare e poi gettare. Nessuno deve voltarsi dall’altra parte o lavarsi le mani del sangue innocente che viene versato sulle strade del mondo”.

Già nel 1949 la Convenzione internazionale contro la tratta aveva stabilito che la “prostituzione e il male che l’accompagna, vale a dire la tratta degli esseri umani ai fini della prostituzione, sono incompatibili con la dignità ed il valore della persona umana”. In Italia, la legge del 1958, ridusse questo sfruttamento che, però, è riemerso a partire dagli anni ’90 con lo sviluppo dei flussi immigratori e ha assunto connotati ancora più terribili perché le vittime sono completamente alla mercé di trafficanti e sfruttatori. Con l’emergenza profughi le organizzazioni criminali hanno trovato nuove opportunità per reperire, condizionare e introdurre in Italia le vittime del mercato della prostituzione. Paesi europei come la Svezia e la Norvegia hanno fatto da tempo la scelta di vietare l’acquisto di prestazioni sessuali a pagamento – nota come “modello nordico” – e hanno ottenuto una forte riduzione del fenomeno. Eppure da più parti torna in Occidente la tentazione di legalizzare il mercimonio.

In questa Giornata mondiale è importante rivolgere un appello ai responsabili istituzionali dei paesi d’origine, transito e destinazione dei flussi, in particolare a coloro che hanno dei figli, chiedendo, se da genitori, vorrebbero mai vedere una propria figlia messa in vetrina con l’obbligo di rilasciare lo scontrino fiscale per le prestazioni sessuali effettuate. I modelli europei da imitare sono quelli dei Paesi nordici, che hanno avuto il buonsenso e la consapevolezza di considerare sempre l’acquirente colpevole e quindi correo dello sfruttamento sessuale. Colpire la domanda significa dire ai trafficanti di esseri umani che la prostituzione non potrà più essere un business e, nello stesso tempo, insegnare alle nuove generazioni il sacrosanto rispetto per la dignità umana di cui il corpo è parte integrante. La libera autodeterminazione sessuale, sancita dalla Costituzione, non può essere mai considerata come forma di espressione dell’iniziativa economica privata.

Non deve scendere mai il silenzio sul dramma della tratta di giovanissime donne, di cui il 37% minorenni, arrivate qui con la promessa di un lavoro normale. Le vediamo lungo i marciapiedi d’Italia e in alcune zone sono presenze radicate da molti decenni nell’apparente impossibilità di affrontare il fenomeno, proprio a partire da queste zone a luci rosse. Purtroppo, le uniche luci che le illuminano sono i fari delle macchine, puntati addosso per scrutarle prima di essere reclutate e pagate dal cosiddetto “cliente”, primo responsabile di questa ignobile schiavitù. Questi uomini, di ogni età, si muovono imperterriti beffandosi dello Stato, senza temere i controlli delle Forze di polizia, e sapendo che le autorità non possono fare niente per bloccarli. In Italia non è proibita la prostituzione bensì il favoreggiamento e lo sfruttamento. I “clienti”, di fatto, favoriscono questo mercato: solo fermandoli è possibile iniziare a smantellare i tanti giri di affari dei mercanti di carne umana. E’ arrivato il momento di effettuare il “pressing” contro i trafficanti e gli sfruttatori di donne; è ora di fare un salto di qualità: bisogna fermare la domanda. Ciò, gradualmente, porterà anche a un cambiamento culturale e di mentalità a favore delle nuove generazioni che avranno la possibilità di comprendere che le relazioni più intime non si acquistano ma, casomai, si conquistano.