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Il ruolo dei cattolici nel cessate il fuoco in Ucraina

Oggi, nell’ambito dell’azione nonviolenta, occorre coltivare legami internazionali, in vista di una maggiore incisività su quei processi e su quelle istituzioni che operano a livello sovranazionale e multilaterale. Solo agendo su questo piano, si può influire nella necessaria riforma dei mercati, delle istituzioni di pace e delle politiche mondiali; si possono altresì instaurare quelle collaborazioni, quel lavoro di intelligence, quella vigilanza sulla rete web e sugli ingenti flussi di denaro, che sono determinanti nel prevenire e combattere la violenza del fanatismo e del terrorismo, che si avvale dei nuovi e sofisticati mezzi, per destabilizzare e seminare l’odio.

Non dev’essere esclusa la preparazione di nuove generazioni di cattolici e di uomini di buona volontà per l’impegno competente nell’area della politica, una politica alta, all’insegna della carità cristiana, capace di affrontare con visione e decisione la rimozione delle cause di povertà e di sperequazione. Senza la preparazione di nuove generazioni dal punto di vista politico non si possono sperare nuove Istituzioni di pace, né sul piano politico regionale (come gli Stati Uniti d’Europa, d’Africa, ecc.) né sul piano mondiale (ad es., come si dirà meglio nella Conclusione: una nuova ONU, un’Agenzia Internazionale per la Gestione degli Aiuti [AIGA], un FMI, una Banca Mondiale revisionati; un’Organizzazione Mondiale dell’Ambiente, ecc.).

Con quella russo-ucraina siamo di fronte ad una guerra continuativa di aggressione con una distruttività disumana, barbara e crudele, che ha largamente interessato la popolazione civile e ogni tipo di costruzioni urbane e rurali, provocando molti morti e feriti, sfollati e senzatetto. Il Dio rivelato da Gesù Cristo non è un Dio violento, un Dio della guerra santa. Dire che Dio vuole la guerra e la violenza è bestemmiarlo. Ecco quanto papa Francesco scrive nel suo Messaggio per la celebrazione della giornata mondiale della pace (1 gennaio 2017): «Lo ribadisco con forza: “Nessuna religione è terrorista”. La violenza è una profanazione del nome di Dio. Non stanchiamoci mai di ripeterlo: “Mai il nome di Dio può giustificare la violenza. Solo la pace è santa. Solo la pace è santa, non la guerra!”».

Il Dio dei cristiani è un Dio pacifico, che si fa vicino come colui che perdona, redime e umanizza divinizzando. Rivelando Dio, la sua misericordia, Gesù Cristo rivela all’uomo il suo destino: l’Amore trinitario, principio e fine dell’esistenza. Visibilizzazione del Padre, presentandosi con i tratti del «Servo sofferente», il Signore Gesù viene ad assumere e a risignificare la storia dell’uomo. Ne vuole cambiare il corso senza l’appoggio degli eserciti. Mentre viene catturato, ordina a Pietro: «Rimetti la spada nel fode­ro, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada. Pensi forse che io non possa pregare il Padre mio, che mi darebbe subito più di dodici legioni di angeli? Ma come allora si adempirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?» (Mt 26,52-54). Con queste parole, Egli vuole interrompere la spi­rale di violenza che si sta abbattendo su di lui. Alla violenza risponde con la nonviolenza.

È profondamente consapevole dei rapporti aggressivi, che determinano le strutture della realtà esistente: la violenza chiama violenza; chi pratica violenza subisce violenza e, facilmente, mette in atto altra violenza. La catena si interrompe solo rinunciando alla violenza. Ma ciò non implica subirla con passiva rassegnazione. Si ri­nuncia alla violenza non perché si è impotenti ‒ Gesù non è in­difeso. Ha a sua disposizione un enorme potenziale di forza, contro il quale la violenza terrena non potrebbe che in­frangersi ‒, ma vi rinuncia con la forza dell’Amore e del perdono, seppure umanamente “costosi”. Colui che, per amore di Dio e dell’uomo, smaschera le strutture di violenza non può sfuggire alla reazione che la violenza immancabilmente gli scatenerà contro. Preparandosi al terribile sacrificio, prima ancora di essere catturato Egli confida agli apostoli e alla folla: «È giunta l’ora che sia glorificato il figlio dell’uomo» (Gv 12, 23). «Ora l’anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, glorifi­ca il tuo nome» (Gv 12, 27-28).

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