Riscoprire l’anima per sconfiggere il Covid-19

In questi giorni bagnati da tanto sangue innocente risuona spesso, nella gente comune, il riferimento ai tempi di guerra, anche nel ricordo dei nostri anziani, sul periodo catastrofico della seconda guerra mondiale, apparentemente lontano dal presente. Invece tutto ad un tratto, abbiamo scoperto che non è così, e che il confronto con quel passato di terrore e di morte torna prepotentemente nei nostri cuori e per moltissime persone è uno spettro che si manifesta orrendamente davanti ai loro occhi. Ovviamente non sentiamo i bombardamenti né i colpi di fucile, ma l’arma batteriologica che ci sta aggredendo è altrettanto pericolosa e distruttiva.

L’Italia cerca di difendersi in tutti i modi da questo mostro invisibile che mette a dura prova chiunque, a partire dagli operatori sanitari, debba fronteggiare in prima linea questo nemico insidioso e sconosciuto. Come spesso è accaduto nella storia bimillenaria del nostro popolo, nei momenti più tragici, esce fuori tutto ciò che è normalmente sepolto nell’animo umano. Come quando un terremoto scoperchia una terra infestata di veleni e putridume.

Centinaia di opere artistiche, partorite dall’ingegno umano, documentano l’attitudine, soprattutto italiana, a cercare scorciatoie quasi sempre scorrette e contrarie al senso civico pur non affrontare davvero le questioni poste da una irrinunciabile verifica individuale e collettiva. Papa Francesco, molto prima che i giovani scendessero in piazza con Greta, aveva messo in guardia l’umanità dai pericoli della globalizzazione dell’indifferenza. Oggi abbiamo la drammatica conferma di quanto fosse giusta la sua denuncia. Anche all’interno dell’Unione Europea, ciascun paese tenta di farsi scudo della propria potestà nazionale come se il “virus-killer” rispettasse frontiere e dogane. In uno scenario quanto mai indecifrabile, noi italiani, inclusi i credenti, siamo chiamati a fare i conti con noi stessi e a non scaricare sulle istituzioni quelle che sono le nostre responsabilità.

Se le autorità sanitarie internazionali hanno stabilito un decalogo vincolante di comportamenti obbligatori non esistono deroghe, giustificazioni, autocertificazioni fallaci. Quelle norme devono per forza essere vincolanti come fossero scolpite sulla pietra. Non ci possono essere né se né ma. Un sistema democratico non può mettere un incaricato davanti ad ogni portone per vigilare sull’osservanza delle misure anti-epidemia, perciò è indispensabile un’attenzione al bene comune che sappia respingere le pulsioni istintive e autolesionistiche che inducono a condotte dagli esiti devastanti.

La mia umile proposta è quella di trasformare questo angoscioso periodo buio nel momento propizio per fare luce dentro i nostri angoli più oscuri. Mi riferisco, in particolare, a ciò che a catechismo abbiamo imparato: esame di coscienza e correzione fraterna. Siamo tenuti a scoprire in noi stessi le risposte a quanto non va nella nostra vita ordinaria. Solo allora saremo capaci di affrontare emergenze straordinarie. A che punto è la notte dell’anima? In attesa di vedere un barlume in fondo al tunnel, dobbiamo ribaltare questa dura prova in un’opportunità proficua per mettere ordine nel nostro vissuto, per fare giustizia tra le nostre cose più intime e irrisolte, e per pulire in profondità le nostre case, intese come custodia di sentimenti dimenticati nell’anima.

Costretti tra le mura domestiche, siamo chiamati a dimostrare quanto realmente la famiglia sia Chiesa edificata sugli affetti e sui valori. Quanti silenzi, quanti dialoghi negati, quanto egoismo e quanta ricerca edonistica del peccato hanno rovinato le relazioni familiari!

Adesso, per salvare noi stessi e l’umanità, dobbiamo fare al demonio il più grande dispetto: invece di spezzettare i rapporti domestici, scappando di casa per inseguire umilianti e rovinose illusioni, riappropriamoci del nostro nido, difendiamo la nostra anima, scacciamo le ingiustizie e le fratture che hanno reso le nostre vite un inferno. Karol Wojtyla, rimasto senza famiglia in giovane età, esortava a basare l’esistenza su mattoni granitici: solidarietà, rispetto per se stessi, preghiera e resistenza alle tentazioni. Insomma non ci sono più scuse, è il tempo della sanificazione interiore, della conversione e dei bilanci esistenziali.

Non poteva esserci Quaresima, (parola che ha la stessa radice di quarantena) più confacente alla lettera delle Scritture. Gesù sconfigge il male dicendo una serie di no alle lusinghe del “falso giustificatore” che offre continuamente scuse alle nostre azioni più riprovevoli. Dalle periferie geografiche ed esistenziali nelle quali opero, lancio un accorato appello alle nuove generazioni: ora che gli spazi esterni vi sono preclusi dall’epidemia, riscoprite la profondità del vostro cuore, lì troverete praterie sconfinate nelle quali la coscienza della caducità umana vi aiuterà a maturare, lontani dagli schiamazzi allucinati della movida. Al riparo da artificiali e disastrose menzogne, vedrete la bellezza del cielo stellato dentro di voi e tra i vostri cari, e della legge morale che il Creatore ha posto a salvaguardia della vostra anima. Un cuore purificato e consapevole esce indenne dalle trincee di ogni guerra e sopravvive anche all’ombra malefica della pandemia. I ragazzi del ‘99 furono l’ultima classe mandata a combattere nella prima guerra mondiale, un secolo dopo i loro coetanei hanno la storica possibilità di dimostrarsi responsabili e di crescere velocemente nel rispetto di misure di civiltà che equivalgono a un reale e impegnativo esame di maturità. Una lezione per loro, ma anche per noi adulti, spesso più immaturi e irresponsabili dei ragazzi.