Ecco perché è necessario riformare il sistema politico italiano

Se volessimo confrontare il ruolo in Europa e nel mondo degli italiani odierni rispetto a quelli di trenta anni fa, ci renderemmo facilmente conto che sfavorevolmente per noi, la situazione è davvero capovolta. Eravamo nelle vette internazionali nella competizione industriale e dei servizi, eravamo all’avanguardia nelle commesse internazionali per la realizzazione di grandi infrastrutture nelle Americhe, in medio oriente ed in Africa; e per esempio, nelle Università italiane si formavano molti giovani africani, medio orientali e di altri continenti con i corsi di medicina ambitissimi.

Insomma in questi ambiti ed in molte altre attività ed interessi, gli italiani eccellevano. Anche il prestigio delle istituzioni italiane e dei loro rappresentanti, erano di primissimo piano. Basta scorrere le cronache di quei tempi per rendersene conto: nel mediterraneo, nei paesi rivieraschi del medio oriente e dell’Africa, si ebbero raccordi e intese politiche ed economiche di grande vivacità e valore grazie all’Italia; in Europa eravamo all’altezza del lignaggio di paese fondatore della Istituzione UE. Nella diplomazia e negli organismi internazionali di ogni ordine, eravamo stabilmente tra le prime sei – sette Nazioni a decidere delle questioni cruciali della economia e politica mondiale.

Queste considerazioni non possono essere confutate da nessuno: sono così acclarate che chiunque le negasse, sarebbe sicuramente deriso. Insomma le nostre produzioni e servizi, pur in grande affanno, riescono ancora a penetrare nei mercati mondiali (speriamo per molto tempo ancora) grazie alla grande capacità di adattamento alle situazioni nuove dei nostri imprenditori, ma la loro modesta dimensione, e la carenza grave dei fattori di sistema, tutti rovinati dall’incuria dei governi succedutisi negli anni, sono diventanti piombi che limitano pericolosamente ogni loro attività.

Nel consesso politico mondiale ed europeo, l’Italia è percepita come un paese attraversato da grande malessere e comunque inidoneo a condividere pienamente ogni scelta di corresponsabilità riguardo alle crisi ed alle nuove direzioni di marcia da intraprendere. Sono lontani i fasti delle efficaci politiche internazionali ed europee dei Moro, Andreotti, Craxi; la loro indubbia leadership, ci assicurava rispetto e conseguenti effetti benefici di espansione e protezione dei nostri interessi in Europa, come nelle aree geopolitiche di maggiore nostro interesse. Oggi siamo sostanzialmente fuori da ogni contesto di decisione. Basti per tutti gli esempi, il surreale ritorno dell’influenza turca sulla Libia con conseguenti pesanti conseguenze sul nostro mantenimento delle fonti di approvvigionamento di petrolio in un area che da 50 anni ha fatto le fortune economiche italiane.

Questo degrado, a mio parere, è dovuto senz’altro ai forti cambiamenti di rapporti di forza con tanti altri paesi emersi nella scena economica, ma soprattutto dalla distruzione della politica garantita da partiti che comunque assicuravano partecipazione e dunque fiducia alle leadership allora diffuse nel sistema politico. Ecco perché è necessario riformare il fallimentare sistema politico affermatosi nell’ultimo venticinquennio, per rivitalizzare il paese a partire dal suo prestigio e dalla sua economia. Infatti, sono convinto che c’è una stretta relazione tra crisi di credibilità delle leadership e crisi economica, con l’inaridimento progressivo in Italia della partecipazione dei cittadini alla vita sociale e politica.

Dunque l’emergenza è il ripristino e potenziamento dei sistemi partecipativi ad ogni livello, per la rimozione radicale del bipolarismo e delle sue leggi elettorali, la diffusione della partecipazione dei cittadini nel controllo dei servizi, della sanità e della scuola, la partecipazione dei lavoratori alle scelte d’impresa come previsto nella Costituzione. Infatti la partecipazione dei cittadini, è alternativa all’idea fallimentare della verticalizzazione del potere che sta distruggendo ogni possibilità di rigenerazione della democrazia da riformare, riguardo la mondializzazione di ogni espressione di potere, che ha bisogno di un suo riequilibrio con un potere organizzato dei cittadini in nuovi organizzazioni internazionali, e nuova grande entità statuale europea. Insomma bisogna guardare avanti.