La preghiera, un’arma spirituale infallibile

Quanto è difficile correggere chi sbaglia, senza giudicare: solo chi ama davvero può fare questo “servizio”, non sentendosi migliore, né superiore, ma con desiderio sincero di aiutare. In una parola, solo chi ha lo Spirito di Cristo.

Perché correggere per amore, per il bene dell’altro, significa anche rischiare, accettare di essere rifiutati, proprio come Cristo: ecco perché spesso è più facile voltarsi dall’altra parte, in nome di un falso rispetto dell’altro, che in realtà è solo egoismo. E’ la mentalità mondana che proclama il “vivi e lascia vivere”, suprema regola del relativismo; non esiste più la verità e ognuno è libero di rovinare la propria vita, purché non mi disturbi

Perché correggere non è soltanto scomodo ma anche faticoso. Lo sanno bene i genitori, che sono chiamati a correggere i figli, per amore: Correggi il figlio e ti farà contento e ti procurerà consolazioni”, si legge nel libro dei Proverbi (29,17).

Chiediamo al Signore lo Spirito di Sapienza e di Verità, per aiutare i fratelli a camminare sulla via della felicità, con pazienza e carità, imparando da quello che Cristo fa ogni giorno con ciascuno di noi. Santa Madre Teresa di Calcutta, che abbiamo ricordato ieri a vent’anni dalla sua morte, diceva: «Insegnami quell’amore che è sempre paziente e sempre gentile; mai geloso, presuntuoso, egoista o permaloso; l’amore che prova gioia nella verità, sempre pronto a perdonare, a credere, a sperare e a sopportare».

E quando non possiamo farlo con le parole, quando non riusciamo a correggere senza asprezza o giudizio, affidiamoci alla preghiera, con fiducia e perseveranza, come ci dice oggi Gesù al termine del Vangelo; il Signore può aprire il cuore di chi sbaglia, Lui che solo conosce i segreti dell’anima si incaricherà di correggere al posto nostro, ma per le nostre preghiere.

La preghiera è un’arma spirituale infallibile, di cui troppo spesso non teniamo abbastanza conto, soprattutto quella fatta insieme: questo dovrebbero saperlo i genitori che soffrono di fronte ai figli che, dopo aver ricevuto i sacramenti, abbandonano la Chiesa. A loro occorre ripetere: “Non parlate tanto ai figli di Dio, quanto a Dio dei vostri figli”.