PECORE SENZA PASTORE

Le pecore oggi si sono modernizzate, super avanzate nella scienza e conoscenza; sembra che sappiano tutto all’istante, che non abbiano più bisogno né di guide e insegnamenti, né di imparare o di ascoltare. Anche il concetto di branco si è modificato, perché pur sembrando andare unite verso la stessa direzione, di fatto non si relazionano; anzi tra loro neanche si riconoscono, hanno perso il senso di appartenenza.

Vediamo quindi tanti individui che percorrono la stessa strada, ma senza interagire… se non per minacciare e difendersi. Queste pecore, in verità, non sanno però neanche chi seguire, perché non riconoscono più la voce del pastore, il quale a sua volta è così distratto dietro a tanti intrighi e tornaconti, così indaffarato nelle faccende materiali da non ricordarsi il nome dei propri figli. Anzi dimenticando addirittura di avere un proprio gregge. E così il branco è pronto a dividersi in tanti nuclei non avendo più la capacità di affidarsi alla propria guida.

Questa è la triste condizione di tante realtà civili e religiose. Leader deludenti, governanti lontani dal tessuto sociale, politici incapaci e del tutto disinteressati dei propri elettori, genitori e insegnanti incoerenti ed inefficaci a educare perché poco credibili. Per non parlare della mia “specie”, quella dei preti e anche di non pochi Prelati, così tutti impegnati alla stregua di “Marta, Marta” agitati e presi da tanti affari; così facendo trascurano la cosa più importante, e cioè quella di mettersi ai piedi di Gesù ad ascoltarlo.

Sì, perché senza una vita spirituale reale, autentica e fedele si diventa strumenti scordati e quindi fastidiosi. Il nostro popolo oggi è proprio come quel branco di pecore inconsapevoli della propria meta. Il belare è di fatto quel chiacchiericcio fastidioso costituito da tante parole vuote, lamenti inutili, grida smodate, critiche insensate… L’uomo si infastidisce anche di se stesso, e quindi l’altro può arrivare a diventare facilmente un nemico, da abbattere.

Negli anni delle tribolazioni tanti Vescovi e sacerdoti godevano di grande stima e fiducia perché erano realmente pastori e quindi punti chiari e stabili di riferimento per il popolo, pronti a sacrificare tutto per la propria gente. Fino agli anni ’70 queste figure erano considerate meritevoli di un certo rispetto sacrale, perché c’era quella coscienza popolare di sentirli come i consacrati del Signore a svolgere per Suo conto una precisa missione.

Con l’epoca informatica e l’emancipazione sociale in Occidente tutto si è trasformato rapidamente. La tecnologia ha preso il posto del dialogo in maniera surrettizia. Si crede di poter soddisfare tutto con la “macchina”, e si dimentica “l’uomo”.

L’arrivo di internet e la valanga dei social network se da un lato ha permesso di esprimersi più liberamente facendosi notare, d’altro canto ha consentito che le pecore costruissero un “buon pastore” virtuale, avendone invece così tanto bisogno di uno reale.

Si continua a seguire il branco ma spesso neanche più si vede chi sta alla guida. Cresce l’intolleranza, l’aggressività; chiunque viene sfiduciato dall’alto di una presunta onniscienza. Per certi cattolici si sono addirittura invertiti i ruoli; questi nuovi ferventi cristiani si sentono infallibili nel sentenziare a cuor leggero persino sul Papa.

Ormai tutti pensano, o si illudono, di capire ogni cosa ancor prima che l’altro si muova. C’è un’arroganza mostruosa e una supponenza micidiale che come un virus sta uccidendo la nostra società.
Sicuramente anche i cosiddetti pastori hanno le loro grandi responsabilità. Il popolo non ha bisogno di pagliacci, né di mercenari… La cristianità divisa nel nome di Gesù non potrà che implodere. Così come la Chiesa cattolica, se non ritornerà ad insegnare con forza e a testimoniare le fondamenta del proprio magistero rivelato dal Vangelo, ossia il valore dell’obbedienza e dell’umiltà, la forza della mitezza e della purezza, e la fedeltà nella preghiera.

Soprattutto la Chiesa ha bisogno di pastori che non conducano una doppia o tripla vita! Questa può essere solo opera del demonio. Se non ci sarà una forte conversione di questo corpo mistico e civile il mondo si autodistruggerà, dandola vinta a tutti quei numerosi corvi e gufi che stanno andando così tanto di moda in questi tempi. Il primo grave sintomo è già quello di vedere i pastori senza pecore, e cioè chi governa e guida la società e le religioni sbeffeggiati e infamati.

Il gregge viene così disperso a causa dei falsi pastori che propongono una finta bontà, in realtà priva di amore. Il caos in atto tra profughi, mercati, Paesi in guerra è l’ulteriore segnale di un declino che porterà alla distruzione, a una guerra mondiale senza precedenti.

Non c’è più tempo per mormorare o accusare qualcuno, né di creare capri espiatori, o puntare il dito; il mondo di fatto ha bisogno di chi si rimbocchi le maniche per agire, compiere il bene. Ha bisogno di nuovi Santi.

Fa di certo orrore vedere l’Isis mettere in croce i nuovi martiri, ma stiamo attenti a non diventare un po’ tutti fabbricanti di croci insopportabili. A volte si pretende di insegnare all’altro ciò che personalmente non si è in grado di testimoniare. Vogliamo imporre i nostri pesi sulle spalle dei deboli per poi essere noi stessi del tutto incapaci di portare quegli stessi fardelli.

È vergognosa questa cecità, un modo spietato di procedere. Camminare uniti, pecore e pastore insieme, è un’altra cosa.