Il no di Francesco all’indifferenza che alimenta le guerre

Papa Francesco guerra

Allo schema di morte della guerra Francesco oppone l’incontro e la condivisione. Ieri a L’Aquila il Papa ha ribadito la sua “geopolitica degli ultimi”, condotta attraverso viaggi sempre rivolti ai più deboli, ai piccoli, ai poveri. Nonostante gli intralci di salute, il Pontefice non si ferma ma continua a donarsi. Un esempio da cogliere in un’epoca spesso indifferente o confusa. Imparare da Francesco significa dire no alla guerra. E mettere la logica di pace al posto di quella di Caino. Nel pellegrinaggio a L’Aquila papa Francesco ha invocato la fine dei conflitti. Ucraina, Yemen, Corno d’Africa: terre bagnate di sangue innocente. “Nemica della pace non è solo la guerra, ma anche l’indifferenza“, insegna il Pontefice della misericordia.

Papa Francesco L'Aquila
Foto © VaticanMedia

Vincere l’indifferenza e conquistare la pace comporta una vera e propria lotta. Un combattimento spirituale che ha luogo nel cuore umano. La pace che Dio desidera seminare nel mondo, deve essere coltivata dagli uomini. Non solo. La pace deve essere anche conquistata. E invece l’indifferenza fa pensare solo a sé stessi e crea barriere, sospetti, paure e chiusure. Abbiamo tante informazioni. Ma a volte siamo così sommersi di notizie che veniamo distratti dalla realtà, dal fratello e dalla sorella che hanno bisogno. Da qui l’appello del Papa ad aprire il cuore. Risvegliando l’attenzione al prossimo. Unica via per la conquista della pace.

La minaccia individuale e collettiva sta nell’atteggiamento dell’indifferente, di chi chiude il cuore per non prendere in considerazione gli altri, di chi chiude gli occhi per non vedere ciò che lo circonda o si scansa per non essere toccato dai problemi altrui. Francesco la chiama “globalizzazione dell’indifferenza”. E  non si arrende a essa, promuovendo instancabilmente una cultura di solidarietà e misericordia. Il suo pensiero va principalmente ai fragili,  alle famiglie, chiamate ad una missione educativa primaria ed imprescindibile.

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Le famiglie, infatti, costituiscono il primo luogo in cui si vivono e si trasmettono i valori dell’amore e della fraternità, della convivenza e della condivisione, dell’attenzione e della cura dell’altro. In un mondo assuefatto al dominio dell’apparenza, Francesco richiama a comportamenti sobri, a saper vivere l’essenziale. E anche a lasciarsi alle spalle la cultura dell’indifferenza per improntare la vita alla pietà e alla solidarietà. Una riconciliazione contro la terza guerra mondiale combattuta a pezzi. Non c’è spazio per l’indifferenza, che domina nel cuore di chi non riesce a voler bene, perché ha paura di perdere qualcosa.

E invece, come insegna l’apostolo Paolo, va riscoperto l’impegno a rinnegare l’empietà e la ricchezza del mondo, per vivere con sobrietà, giustizia e pietà. Tutto il pontificato di Francesco è un accorato richiamo a un comportamento sobrio, cioè semplice, equilibrato, lineare, capace di cogliere e vivere l’essenziale. In un mondo che troppe volte è duro con il peccatore e molle con il peccato, c’è bisogno di coltivare un forte senso della giustizia, del ricercare e mettere in pratica la volontà di Dio. Perciò, dentro una cultura dell’indifferenza, che finisce non di rado per essere spietata, lo stile di vita deve essere colmo di pietà, di empatia, di compassione, di misericordia, attinte ogni giorno dal pozzo della preghiera. Una testimonianza profetica, fatta di misericordia e di tenerezza perché, ricorda il Papa, “Dio è innamorato degli esseri umani. Si fa piccolo per aiutarli a rispondere al suo amore”.