Navighiamo uniti contro i cuori settari

La delusione che dilaga nel popolo rispetto ai governanti mondiali non è una sensazione trascurabile. Nel Vangelo viene descritto lo sgomento della povera vedova per il silenzio delle istituzioni dalle quali invocava giustizia. Allo stesso modo le cronache storiche di pestilenze, carestie (pensiamo già ad un Arca di Noè per il post diluvio universale) e conflitti intrecciano epoche buie e miracolose uscite dal tunnel.

L’immagine di Sami Modiano, sopravvissuto italiano ai campi di concentramento, che riceve il vaccino ha commosso il mondo. Nelle stesse ore, però, a deludere profondamente le legittime aspettative di soluzione della pandemia sono state le tante turbolenze politiche che si sono scatenate anche nel nostro Paese. Ciò è un preoccupante sintomo di una cronica inadeguatezza della classe dirigente (come ha ricordato più volte Papa Francesco) di fronte alla terrificante prova di una tragedia individuale e collettiva che dovrebbe veder sospese, almeno per il prossimo anno, le battaglie personalistiche mai così distanti dal sentire comune dei cittadini.

Purtroppo dobbiamo rilevare quanto nell’emergenza stiano affiorando non solo le reazioni etiche e costruttive della lotta al virus (operatori sanitari, terzo settore, forze dell’ordine), ma anche le pulsioni divisive che antepongono l’io al noi. Non è questa l’epoca per dividere ciò che va unito: siamo debitori alle future generazioni di una risposta coordinata e solidale ad una catastrofe che ha già mutato il volto dell’umanità. Gli scienziati ci avvertono che più il virus circola, maggiori sono i rischi di mutazioni che accrescono la sua contagiosità, come già avvenuto in Inghilterra, Brasile e Sudafrica. “Fate presto!”, esortano i medici dei centri vaccinali (rimasti a corto di dosi) nei quali si indica il modello israeliano della copertura di massa in grado di abbassare la curva delle infezioni.

In tempi straordinari servono condotte e moralità rafforzate, condivise e finalizzate ad un unico traguardo: mettere in salvo il maggior numero possibile di persone fragili. E invece, in un quadro epidemiologico in drammatico peggioramento, dalle supreme istanze di quella che la dottrina cattolica considera la più alta forma di carità (la politica), assistiamo tutti delusi alla ripetizione di vecchie dinamiche che fanno avvertire la frattura tra gente e palazzi. Il Pontefice ha richiamato i governanti del mondo a garantire il rapido e universale accesso al vaccino, superando egoismi e rivalità che dimostrano l’inadeguata caratura degli attuali protagonisti della vita pubblica.

Tutto ciò accade proprio nei giorni che tradizionalmente, ogni anno, i cristiani dedicano alla preghiera per l’unità tra i discepoli di Cristo. Nessuno scandalo è più grave in pandemia della negazione di una realtà inconfutabile: nessuno si salva da solo. Chi crede nel Vangelo deve dimostrarsi capace di sacrificare il proprio tornaconto personale a vantaggio del bene comune. Lo stesso Vicario di Cristo che ha richiamato di fronte alla storia l’obbligo di mettere il noi davanti all’io, avverte il pericolo di sottomettersi al “cuore settario” che induce a isolarsi per seguire “agende segrete” nella diabolica illusione di poter trarre beneficio dalle sciagure altrui.

Non si sentano estranei a questo alto richiamo coloro che, anche nel mondo cattolico, erroneamente ritengono di potersi ritagliare un’oasi di “salvezza privata” a discapito della comunità. E il “cuore settario” è di fatto una moderna forma di eresia che si nutre persino di negazionismi e complottismi e dal lato opposto le dittature del relativismo etico sempre più violente e intolleranti.

In realtà nessuna persona di buon senso vorrebbe governare sulle macerie di una collettività così dilaniata. L’unità nazionale, negli Usa epicentro del mondo occidentale e nella piccola ma geo-culturalmente significativa Italia, richiede un passo indietro rispetto ai protagonismi di fazioni incapaci di guardare oltre il proprio limitato orizzonte. L’esempio c’è ed è la condivisione che permise al mondo dilaniato dalla seconda guerra mondiale, di rialzarsi e di edificare un settantennio di crescita e prosperità al quale l’emergenza sanitaria ha imposto un tragico stop. Torniamo tutti allo spirito unitario e collaborativo dei padri fondatori del secondo dopoguerra. Valorizziamo il tanto che ci unisce rispetto al poco che ci separa! Siamo tutti nella stessa bufera, riscopriamo di trovarci sulla stessa barca.