Editoriale

Oltre l’infantilismo politico c’è il vero progresso

Mai quanto adesso c’è bisogno che le Beatitudini divengano programma di vita di tutti e ciascuno. “Non c’è futuro senza il presente”, insegna papa Francesco richiamando il valore della memoria e della speranza. Quella che è appena iniziata è una legislatura resa speciale e particolarmente delicata dall’eccezionalità dei tempi che stiamo vivendo. Il gravoso biennio della pandemia e la guerra in Ucraina hanno provocato contraccolpi sociali e psicologici senza precedenti sui singoli e sulla collettività. Perciò, ad una fase storica straordinariamente complessa e delicata per il Paese, deve corrispondere un supplemento di responsabilità da parte dell’intera classe dirigente nazionale. Più si hanno incarichi di rilievo in ambito istituzionale ed economico, maggiore deve essere la consapevolezza dell’importanza di un cambio di passo nell’etica pubblica.

Ricevendo i giovani della fraternità di “Chemin Neuf”, il Pontefice ha esortato a “vivere l’incontro politico come confronto fraterno”, soprattutto nell’ascolto di chi non è d’accordo con noi. La funzione dell’avversario politico è insostituibile in democrazia. Persino nella parola “opposizione” andrebbe valorizzato il lato collaborativo e correttivo rispetto a quello pregiudizialmente contrario che trasforma in nemico chi siede sui banchi lontani dai miei. L’avversione violenta invece è tutt’altra cosa: danneggia la partecipazione alla cosa pubblica, umilia il senso di appartenenza nazionale e allontana il popolo alla politica oppure lo induce alla disaffezione o lo incita reagire conseguentemente in maniera aggressiva e pericolosa.

Serve un cambio di sguardo. Se ciò non avviene, la politica rischia di trasformarsi solo in scontro violento per far trionfare le proprie idee. “Non si può fare politica con l’ideologia”, avverte il Santo Padre. Un appello di portata universale e stringente attualità. Ai governanti e ai membri del Parlamento che si è appena insediato spetta un compito fondamentale di esempio e testimonianza a beneficio dell’Italia. Mentre il cuore dell’Europa è lacerato da conflitti bellici, lutti e devastazioni come non accadeva da oltre settant’anni, la società ha bisogno di vedere politici costruttivi, collaborativi e pacifici che sappiano dialogare senza insultarsi. C’è urgenza di vedere all’opera rappresentanti del popolo in grado di superare la logica distruttiva del conflitto insanabile e che dimostrino di avere realmente a cuore le sorti della collettività, senza ricadere in siparietti inutili di litigiosità degradante e infruttuosa. Occorre elevare lo stile, come ha efficacemente sollecitato la senatrice a vita Liliana Segre. Vanno innalzati i contenuti della condivisione comunitaria della missione nelle istituzioni. La politica, secondo la dottrina sociale della Chiesa, deve tornare ad essere la forma più alta di carità.

Gli italiani non hanno bisogno di essere sobillati ma soccorsi e affiancati nel difficile percorso di uscita dalla crisi. Coloro che operano nei Palazzi del potere politico ed economico debbono ricordare sempre che i giovani li guardano. Ricambiare la loro attenzione con scandalo, delusione e frustrazione è il peggior investimento che si possa fare sul domani. Gli uomini e le donne più in vista sono chiamati a mediare e trovare la sintesi migliore al servizio del bene comune e non a scannarsi e aggredirsi continuamente. San Paolo sprona i Galati a sostenersi gli uni gli altri nella carità perché “tutta la legge trova la sua pienezza in un solo precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso”. E invece, deplora l’Apostolo delle genti, “vi mordete e divorate a vicenda” con il pericolo di “distruggervi del tutto gli uni gli altri”.

Duemila anni dopo questa tentazione diabolica di dividersi e danneggiarsi reciprocamente resta incombente e provoca sconcerto e sfiducia nell’opinione pubblica. Al contrario le priorità supreme devono essere l’attenzione ai fragili e la sollecitudine verso i poveri. La politica, insegna papa Francesco, è “dialogo rispettoso, non negoziati ostili tra partiti”. È “incontro, riflessione, azione”, non scontro “violento” come spesso accade in certi squallidi dibattiti e tantomeno “ideologia”.

Urgono un cambio di sguardo e un diverso approccio verso l’impegno nella “res publica”. Servono fraternità e concordia a tutti i livelli sociali affinché i deboli non siano “materiale di scarto”.

Gli alti incarichi richiedono la coscienza di farsi carico del disagio di chi ha meno. “E’ questo il modo cristiano di fare politica – afferma Francesco-. Si vive accogliendo l’altro e accettando la sua differenza. Amare i nostri nemici significa non accontentarsi di un dialogo superficiale e formale, come quei negoziati spesso ostili tra partiti politici”.

L’epoca odierna ha necessità di “un cambiamento di sguardo sull’altro per accogliere e rispettare senza condizioni la sua persona”. Se tale cambiamento del cuore non avviene, la politica rischia di trasformarsi in un confronto autoreferenziale secondo uno “spirito di Caino” che aumenta la distanza tra piazza e palazzi. Degradando il confronto civile in battaglia per far trionfare le proprie idee, in una ricerca di interessi particolari piuttosto che del bene comune.

Al contrario il principio da tenere a mente è che “l’unità prevale sul conflitto”. La politica è tenuta ad essere riflessione e formulazione di un progetto comune”.

Il filosofo e politico britannico Edmund Burke spiegava tre secoli fa agli elettori di Bristol che non avrebbe potuto “limitarsi a difendere i loro interessi particolari, ma che sarebbe stato piuttosto inviato, a loro nome, per elaborare con gli altri membri del parlamento una visione per il bene dell’intero Paese, per il bene comune”. La tutela generale è molto più del confronto degli “interessi contrastanti e spesso opposti”. E la bussola per elaborare questo progetto è un terreno di incontro tra laici e credenti privo di ostacoli e trappole motivate da ambizioni personali e ostilità insanabili che nulla hanno a che vedere con i contenuti della vera politica. Per noi cristiani poi è il Vangelo che apporta al mondo una visione profondamente positiva dell’uomo amato da Dio. La politica come azione è impegno concreto.

“Come cristiani abbiamo bisogno di confrontare sempre le nostre idee con lo spessore del reale”, raccomanda il Pontefice. Altrimenti si costruisce sulla sabbia e la “civitas” prima o poi finisce per cedere. E proprio perché la realtà è più importante dell’idea non si può prescindere dall’impegno in favore degli indigenti, dei migranti e della difesa della “casa comune”. E’ su queste fondamenta che deve poggiare un’azione di governo che in quanto interesse collettivo possa essere benefica e proficua. A nessuno conviene il “tanto peggio tanto meglio”. Non è più il tempo di un infantilismo politico che produce solo macerie e impedisce l’autentico progresso del Paese.

don Aldo Buonaiuto

Fondatore e direttore editoriale di In Terris, è un sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII. Da anni è impegnato nella lotta contro la prostituzione schiavizzata

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