L’oblio dell’anima nell’era dei selfie

anima, donna che balla
Foto di Ahmad Odeh su Unsplash

AAA Cercasi l’anima. Sparita dalle nostre conversazioni, esclusa dai giornali, bandita dalle aule universitarie e dai salotti del pensiero che conta, l’anima è sempre più assente dalla vita in una società troppo impegnata ad occuparsi del corpo. La nostra società, quella del fitness e del selfie, è al contempo la prima ad essere senz’anima. Bandita dai luoghi pubblici, all’anima si concede qualche comparsata nella poesia e nella letteratura. Fatica a trovare spazio persino nel discorso religioso, dov’è spesso relegata in secondo piano da altri argomenti ritenuti più urgenti e concreti.

In una società materialista, dove ciò che sembra contare è solamente ciò che è matematicamente calcolabile e il qui-e-ora, si impone con urgente impellenza la necessità di una riflessione su quella parte spirituale dell’uomo che lo eleva sopra la realtà materiale e animale. Ma l’anima non si cerca su Google e a farsi carico di questa indagine dovrà essere la filosofia, una scienza che può interessarsi della vita umana senza ridurre il suo campo d’azione all’aspetto materiale e immediatamente percepibile dai sensi.

Non è infatti un caso che in Francia siano stati pubblicati due saggi che affrontano, ognuno secondo la sensibilità e il pensiero propri dell’autore, il tema dell’anima. Si tratta di Anima di Michel Onfray (Albin Michel 2023) e L’abolition de l’âme di Robert Redeker (Editions du Cerf 2023). Entrambi i filosofi francesi hanno visto necessario affrontare il tema dell’anima in un contesto estraneo e ostile ad ogni riflessione che esuli dalla realtà empirica. I saggi appaiono come un grido d’allarme, un’ultima chiamata, una denuncia del deprecabile stato di una società moribonda, che soffre una malattia mortale senza neanche riuscire ad accorgersene.

Per il filosofo ateo Onfray la morte dell’anima è frutto dell’ondata di nichilismo che sta sconvolgendo la società occidentale e che sta portando l’uomo ad una crisi di identità e di significato. Così diventa vulnerabile e il decostruzionismo in atto sconvolge l’antico modo di vedere e di pensare portando l’uomo da uno status di essere spirituale e divino a quello animale e bestiale. L’Occidente moribondo avanza inesorabile verso una meta già percepibile: il post-umano in cui ogni realtà, smarrita l’anima, diviene reificata. Se Dio è morto come annunciato da Nietzsche – ricorda il filosofo – l’uomo è in agonia; e il suo futuro non può che essere dis-umano.

Anche il filosofo cristiano R. Redeker parla dell’oblio dell’anima come malattia della società attuale. L’anima – afferma – è stata abolita dal linguaggio comune e dalla riflessione filosofica. «L’anima è sparita dalla vita quotidiana delle masse. Si è assentata dalla società. Non è più oggetto di conversazione, per la strada, nelle famiglie, come fu nella nostra infanzia». Eppure, scoperta dai greci attraverso Platone e approfondita dalla bimillenaria tradizione cristiana, la preoccupazione per l’anima è stata alla base del pensiero occidentale. Questa preoccupazione ha stimolato la riflessione filosofica, la poesia, la narrativa, il teatro e la psicologia (che ne conserva il nome – psyché – pur avendola espulsa dal suo campo d’azione per ottenere spazio tra le scienze cosiddette esatte).

Per questo l’uomo ha un’urgente necessità di tornare a riabilitare il discorso sull’anima per non vivere come “orfano del cielo”. Secondo Redeker, ad avere la peggio è la filosofia. Come affermato da Patocka, sublime lettore e interprete di Platone, l’anima è al centro della riflessione filosofica: dona vita alla metafisica, alla fisica, alla morale e alla logica. Oggi la riflessione moderna ha colpito a morte ciascuno di questi rami del pensiero provocando delle ferite sanguinanti ed una emorragia dell’anima che è uno svuotamento della stessa filosofia.

Le conseguenze sociali di questo oblio possono essere (e ad uno sguardo attento e disincantato lo sono già) devastanti. Basti pensare alla famiglia, alla sessualità, ai legami e al rapporto tra i sessi, al concetto di autorità, a quelli che venivano considerati dei valori, come l’obbedienza, il sacrificio e l’altruismo… ma anche alla scuola, alle diverse forme di arte, dalla letteratura al cinema, alla politica, alla salute e la medicina… realtà tutte svuotate di significato e rimodulate secondo un pensiero che esclude ogni possibilità di una vita spirituale che oltrepassi le dinamiche corporee.

Le conseguenze sono sotto i nostri occhi: la mercificazione del corpo, l’iper-sessualizzazione (con le depravazioni che ne conseguono), l’auto-esposizione social e la ricerca spasmodica del consenso virtuale, l’ossessione per il fitness e la salute, il disequilibrio psichico, ma anche l’idolatria ecologica, la deriva gender che nega la realtà (binaria) della sessualità, la pratica dell’utero in affitto, l’aborto, l’eutanasia, l’abuso di droghe e le battaglie per la loro legalizzazione… tutto ciò ha a che fare – e non può essere diversamente – con la sparizione dell’anima dall’orizzonte umano. Complice un pensiero dominante che non consente il dissenso e che ha posto le basi per una costruzione di un futuro senz’anima.

Quella che abbiamo definito la prima società senz’anima guarda difatti al futuro mettendo ogni speranza nella tecnica e nel superamento della potenzialità umana, senza tener conto di quella che per secoli fu considerata la parte più nobile della sua natura, quella spirituale. L’uomo senz’anima agisce inevitabilmente in un campo d’azione ristretto, soffre di miopia spirituale.

Anche in Italia il dibattito prende timidamente corpo. È di recente pubblicazione un saggio del filosofo Francesco Agnoli intitolato L’anima c’è e si vede. 18 prove dell’esistenza dell’anima (Il Timone 2023). Un saggio che offre dati, citazioni, indizi e intuizioni volte a smascherare l’illusione materialistica. Merito dell’autore è quello di risvegliare un interesse e un dibattito che oggi appare lontano sia dalle aule universitarie che dalla vita quotidiana mentre persiste una distanza siderale tra chi nega a priori l’esistenza dell’anima e chi invece, pur credendoci, ne fa una questione privata e dunque lontana da ogni possibilità di dialogo o dibattito razionale.

La quête de l’âme, la ricerca dell’anima, si presenta dunque come una delle principali sfide per l’uomo in una società divenuta ormai materialista e nihilista, reificata. L’oblio dell’anima va di pari passo con l’oblio di Dio. Ricercarla, intuirne l’origine e il destino, conservarla, proteggerla e salvarla diventa oggi un compito urgente. La sua ricerca è ricerca del proprio io ma al tempo stesso è ricerca di Dio. La nostalgia dell’eternità, della bellezza e della verità, sono il motore che muove e spinge a questa ricerca.