Il nuovo “piano Sud” ed i bisogni del Mezzogiorno

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Ho letto con attenzione ed interesse la posizione del nuovo Ministro per il Sud e la coesione territoriale, Mara Carfagna, sul “nuovo Piano Sud” da inserire nel Piano Nazionale di Resilienza e Ripartenza, cosi come ho avuto modo di apprezzare la posizione di tante realtà sociali del Sud, anche del mondo ecclesiale, su ciò che serve al Sud.

In un mio precedente articolo, affermavo che al Sud lo sviluppo sia piuttosto legato al cambiamento culturale che alla capacità imprenditiva del capitale umano e che non basta fare un Piano che incrementa le risorse. Occorre un progetto che non dica solo cosa si vuole fare ma anche come, in quali tempi, con quali impegni e con la responsabilità di chi.

È certamente importante che il nuovo premier Draghi abbia dichiarato  «Vogliamo rendere evidente il peso del Mezzogiorno nel Pnrr, creando un vero e proprio e capitolo dedicato al Sud».

Sono decisamente più scettico, quando si afferma che ciò dipenda dall’efficientamento della Pubblica Amministrazione, fattore importante, ma non decisivo. Infatti, è solo se si acquisisce l’idea di un progetto per il Sud a matrice comunitaria, che si può pensare di avere successo.

In altre parole, se i cittadini non sono consapevoli e motivati al cambiamento, sostenuti da una macchina pubblica efficiente, ancora una volta la valanga di risorse che arriverà al Sud, sarà strumentale agli interessi di lobbies, per le quali il Sud è solo una “mucca da mungere”.

La vera analisi che andrebbe fatta è quella che riguarda il rapporto fra risorse messe a disposizione del Sud e risultati conseguiti in termini di sviluppo. Senza bisogno di scomodare illustri economisti o esperti di finanza, il risultato è che “è stato versato un oceano in una vaschetta per i pesciolini e tutta l’acqua si è versata all’esterno, portandosi con se anche i pesciolini”.

La metafora paradossale porta alla conclusione che il Sud oggi è più povero di prima, anche perché insieme ai soldi sono andate via le persone, le migliori risorse, le speranze di futuro.

Non voglio essere greve, anche perché sono uomo del Sud, ho scelto di rimanere al Sud e lotto ogni giorno nel Sud, ma dobbiamo prendere atto del fatto che – proprio a causa di politiche pubbliche scellerate e di collusioni di ogni genere – il Sud oggi è un deserto e che per invertire la rotta occorre tanto tempo e pazienza.

C’è una “transizione sociale” che al Sud viene prima di ogni altra questione, perché al Sud va restituita la possibilità di partecipazione alla costruzione del “bene comune”, non come sfida epica di sparuti eroi, ma come scelta strategica di popolo, di comunità, di Stato.

Serve superare una logica assistenzialistica “compensativa” per aver desertificato e distrutto il territorio. Al Sud occorre fornire strumenti per tornare ad essere operoso e inventivo, caratteristica che in questo momento ha perduto.

Coloro che hanno riempito il Sud di “rifiuti” e che ancora pensano di farlo, devono essere eradicati dal Sud. Coloro che hanno anteposto i loro interessi affaristici agli equilibri ambientali del Sud, vanno emarginati.

Serve l’approccio che Papa Francesco utilizza nelle Sue encicliche, quell’Ecologia integrale che si prende cura del Pianeta e offre piena dignità alle Persone, nella logica di una fraternità allargata

C’è bisogno di sincerità e verità nelle discussioni scientifiche e politiche, senza limitarsi a considerare che cosa sia permesso o meno dalla legislazione» (LS n.183). Può apparire un discorso eversivo e forse in qualche misura lo è. Ma va compreso come quando si agisce secondo verità e giustizia, spesso ciò che è legale (nel senso di un legge degli uomini) non sposa la giustizia.

Una leva che considererei all’interno di questa strategia, è la passione dei giovani meridionali per la comunità di appartenenza, potrebbe essere o diventare il motore del Sud. Parlo di quei giovani che hanno lasciato il Sud in cerca di futuro e che “grazie” al lockdown sono rientrati, arricchiti dalla conoscenza e dall’esperienza del mondo.

Se nella riflessione che il neo Ministro fa sulla necessità di “liberare energie e risorse” e, per questa ragione, irrobustire le pubbliche amministrazioni, dovendo assumere 2.800 unità con competenze tecniche specifiche, che andranno a irrobustire le pubbliche amministrazioni meridionali, si puntasse sui giovani meridionali che con passione e coraggio hanno arricchito altre parti del territorio nazionale, europeo, mondiale”?

Potrebbe così realizzarsi un passaggio che considero fondamentale “Se non riusciamo a recuperare la passione condivisa per una comunità di appartenenza e di solidarietà, alla quale destinare tempo, impegno e beni, l’illusione globale che ci inganna crollerà rovinosamente e lascerà molti in preda alla nausea e al vuoto” (FT n° 36).

Considero questa la vera “rivoluzione” sociale, culturale, economica per il Sud, lo snodo prioritario del nuovo Piano per il Sud, in cui le Comunità tornino ad essere protagoniste, a darsi regole di convivenza civile e di sviluppo endogeno, a tutelare tutti i cittadini a partire dai piccoli e dai fragili, a tutelare i loro territori.

Il Sud può essere il terreno di sperimentazione di una vera transizione ecologica che parta dalla convinzione nei cittadini che il territorio è la casa comune ed anche la mia, che devo averne rispetto, che occorre valorizzarlo e renderlo fertile, produttivo.

In fondo, se il patrimonio migliore per il Sud è il suo territorio, va affidata alla gente del Sud la sua tutela e valorizzazione, eliminando radicalmente tutto ciò che inibisce questo percorso di transizione.

Non mi piace l’idea di una “iniquità storica”, il nostro Sud, come tutti i Sud nel mondo, ha subìto scelte molto meno nobili e molto più pragmatiche – quasi ciniche – perché occorreva un Sud per alimentare un Nord.

Nella logica della “fratellanza” si può ricostituire un equilibrio che destabilizzi la contrapposizione fra Nord e Sud e punti ad uno sviluppo omogeneo dell’intero Paese…del resto in questo ultimo anno, ci siamo sentiti più “uguali”, “ci siamo trovati impauriti e smarriti…Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda” (Papa Francesco).