I “ministri della vicinanza” che si immolano per i lontani

“Vite intrecciate” è il motto scelto per la 29ma giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri che la Chiesa italiana celebra, come ogni anno, il 24 marzo.

Questa ricorrenza ci ricorda che ancora oggi numerosi religiosi e laici offrono il loro sangue per portare la Parola di Dio e i sacramenti a tutti i popoli della terra.

Un tributo doloroso e numericamente rilevante, come riferiscono gli ultimi dati diffusi dall’Agenzia Fides, secondo cui nell’anno 2020 sono stati uccisi nel mondo 20 missionari: 8 sacerdoti, 1 religioso, 3 religiose, 2 seminaristi, 6 laici. Un vero e proprio bilancio di guerra negli ultimi 20 anni: dal 2000 al 2020 sono stati uccisi nel mondo 535 operatori pastorali, di cui 5 Vescovi.

Non a caso Papa Francesco nell’udienza generale del 29 aprile 2020 pronunciava queste parole: “È doloroso ricordare che, in questo momento, ci sono molti cristiani che patiscono persecuzioni in varie zone del mondo, e dobbiamo sperare e pregare che quanto prima la loro tribolazione sia fermata. Sono tanti: i martiri di oggi sono più dei martiri dei primi secoli. Esprimiamo a questi fratelli e sorelle la nostra vicinanza: siamo un unico corpo, e questi cristiani sono le membra sanguinanti del corpo di Cristo che è la Chiesa”.

Le vittime non sono eroi che conducono vite eclatanti ma piuttosto umili servitori del Signore che ogni giorno presidiano e contaminano con la fede in Cristo i posti più pericolosi del mondo, dove imperversa la violenza e il degrado morale ed economico. Sacerdoti, suore, operatori pastorali e semplici volontari cattolici che senza calcoli donano la loro vita dando testimonianza viva del Vangelo. I frutti del loro sacrificio si colgono nella speranza e nelle conversioni che fioriscono in ogni angolo del pianeta.

In questi ultimi 12 mesi, al sangue versato dai missionari rapiti, aggrediti, incarcerati, vittime di agguati e rapine si è aggiunto il sacrificio di centinaia di sacerdoti e di religiose, cappellani ospedalieri, operatori pastorali del mondo sanitario, che sono morti durante il loro servizio nelle corsie degli ospedali per dare conforto ai malati di Covid 19. Un rapporto parziale del Consiglio delle Conferenze episcopali d’ Europa rivela che da fine febbraio a fine settembre 2020 sono morti nel continente a causa del Covid almeno 400 sacerdoti. In migliaia hanno sfidato il contagio e la malattia per portare un segno della croce, una preghiera, una stretta di mano, un segno di misericordia e consolazione a tutti quei pazienti a cui era negato persino il contatto con i famigliari.

Il “ministero della vicinanza” viene incarnato ogni giorno da questi martiri a tutte le latitudini del mondo, che sia nel mezzo di un deserto infestato da jihadisti, nelle foreste controllate dai narcos, in uno stato totalitario anti-cristiano o in una clinica a lunga degenza europea per anziani e disabili. Questa giornata di preghiera deve quindi esortare noi credenti ad attingere a queste testimonianze per scuotere la nostra fede intorpidita dalla pandemia e viverla con più generosità ed apertura. Sapere che esistono fratelli nella fede che rischiano la vita anche solo per recarsi a Messa deve renderci consapevoli del privilegio di appartenere alla Chiesa universale.