L’unico estremismo necessario

È stata una visita pastorale storica quella compiuta da Papa Francesco in Egitto. Un viaggio importante e coraggioso che il successore di Pietro ha fortemente voluto e mai ha messo in discussione nonostante i recenti attentati alle due chiese copte di Tanta e Alessandria che hanno causato decine di morti e feriti durante la domenica delle Palme. Il Pontefice, nella sua diciottesima visita internazionale, ha desiderato rendersi presente come messaggero e operatore di pace proprio lì dove ci sono gravi situazioni di violenza. “Oggi – ha affermato alla Conferenza svolta al Cairo dopo l’abbraccio con Ahmad al-Tayyib, Grande Imam di Al-Azhar – c’è bisogno di costruttori di pace, non di armi…non di provocatori di conflitti; di pompieri e non di incendiari; di predicatori di riconciliazione e non di banditori di distruzione”. Come di consueto, il vescovo di Roma ha parlato con franchezza e senza peli sulla lingua denunciando coloro che sono gli autentici seminatori di morte e invitando tutti a smascherare quanti rivestono la violenza di sacralità, predicano inimicizia e vendono illusioni sull’aldilà.

Talvolta sembrerebbe che in questo tempo non ci sia più spazio per il dialogo né per il compromesso; si alzano, invece, sempre più alte le barricate tra le Nazioni, tra concittadini, a volte anche tra consanguinei, aprendo così la strada a scenari di ostilità sempre nuovi e pericolosi. In tale contesto, lo scarso rispetto nei confronti dei valori religiosi di altri popoli, l’integralismo terrorista e il malcontento di alcuni strati sociali sono degli elementi sempre pronti ad autoalimentarsi ed esplodere. Il fondamentalismo è una grave forma di falsificazione della fede che nasce dal convincimento di poter imporre a chiunque l’accettazione della propria visione della realtà. La prima vittima di questa fantomatica guerra di religione è la Verità, calpestata da quanti, spergiurando in nome del Signore, la definiscono “santa” tentando così di coprire i loro reali interessi meramente economici e di potere. Il Papa ha ribadito un chiaro “no” agli ipocriti proclami di chi incita all’odio e ai soprusi commessi in nome del Creatore. L’unico Dio, infatti, ci ha creati per il bene e desidera che ognuno viva nella pace come membro della stessa famiglia umana. Il Santo Padre si è scagliato anche contro i “populismi demagogici che certo non aiutano a consolidare la pace e la stabilità”.

Nell’intensissima due giorni, sintesi tra le dimensioni istituzionali, interreligiose ed ecumeniche da una parte e quelle pastorali dall’altra, ha incontrato il presidente egiziano Al-Sisi, il Papa copto Tawadros II, i fedeli, i vescovi e i religiosi della comunità copto-cattolica. Durante la Messa presieduta presso lo Stadio “Air Defense” della capitale egizia, cui hanno partecipato anche musulmani e ortodossi, ha osservato che “Dio gradisce solo la fede professata con la vita, perché l’unico estremismo ammesso per i credenti è quello della carità! Qualsiasi altro estremismo non viene da Dio e non piace a Lui!”. La pericolosa scia di contese e sospetti può essere fermata solo attraverso la riconciliazione, che non significa rinunciare alla propria identità. I massacri di persone inermi non fermano i tanti che, all’interno della società civile, credono nel valore della pace e operano perché si creino ponti di incontro, amicizia, dialogo tra le diverse fedi in modo da far crollare le barriere del pregiudizio e dell’intolleranza. La violenza disumanizza l’essere umano e non riuscirà mai ad arrestare quel desiderio, insito in ogni uomo, di cercare, accogliere e fidarsi dell’altro, indipendentemente dalle differenze sociali e religiose. E allora la testimonianza del “pellegrino di pace nell’Egitto di pace”, come il Pontefice si è autodefinito all’inizio del viaggio, può essere il viatico per un nuovo cammino di confronto tra diverse culture, a partire da valori comuni quali famiglia, solidarietà e vita, beni preziosi da tutelare sempre. Costruire la pace è anche rifiutare la vendetta, riconoscere i propri torti, accettare le scuse senza cercarle e, infine, aprirsi al perdono.