L’ultima nomina di Napolitano

La maggior parte dei commentatori politici si sta sperticando in elogi al premier e nell’analisi di come sia stata sua la vittoria in questa partita del Colle. Certo, sembra tutto così ovvio. Eppure è proprio in questa apparente semplicità che si nasconde una possibile chiave interpretativa che va da tutt’altra parte.

Re Giorgio ci ha abituato in questi anni al fatto che fosse lui a prendere le decisioni, a indirizzare l’azione legislativa, a scegliere i governi. Pensare che abbia deciso di fare il pensionato di lusso, rischiando di veder vanificato il lavoro di una vita quirinalizia con una nomina non studiata nel dettaglio, è quantomeno ingenuo.

Ecco dunque che la scelta di Mattarella, persona da lui ben conosciuta e gradita alla minoranza Pd dissidente, costituiva l’argine fondamentale per evitare di tornare a dare respiro a una Forza Italia che stava tentando di risorgere dalle sue ceneri. Quale migliore figura di un antiberlusconiano doc, profondo conoscitore delle Istituzioni e degli asset parlamentari, per garantire alla sinistra un futuro di governo ma al contempo ridimensionare le spinte centrifughe del premier toscano?

Il lunghissimo applauso ricevuto da Re Giorgio al suo ingresso in aula è stato qualcosa di più di un omaggio istituzionale; piuttosto il riconoscimento di un ruolo di guida che ha svolto non solo fino al momento delle dimissioni ma anche oltre, fino all’elezione del suo successore. Forzando un po’ il concetto, potremmo dire che Re Giorgio ha abdicato.

Quanto alla scelta, c’è da fare un’ulteriore riflessione. Per trovare un nome spendibile – e cioè una persona integra moralmente, professionalmente preparata, esperta delle istituzioni, con capacità di mediazione tra le parti – il pensiero si è dovuto volgere agli albori della Prima Repubblica. A quel periodo, cioè, dove la politica era una cosa seria, le scuole di formazione facevano la differenza e la scalata al partito fatta dai circoli territoriali fino ai Palazzi del potere era un percorso che non ammetteva scorciatoie.

Non è dunque Renzi ad aver vinto, ma gli va comunque riconosciuta l’intelligenza di non essersi messo di traverso all’ultimo volere di Napolitano, cioè il ricompattamento della sinistra, che da sempre è stato un pallino dell’ex Presidente. Con il collaterale – ma non meno importante – obiettivo di ridimensionare definitivamente il Cav. .

Fin qui il ragionamento politico. Ma c’è un altro pensiero, non secondario, che va fatto: a volte la Divina Provvidenza si serve anche delle persone più inimmaginabili; addirittura Essa può attraversare persino le menti dei più corrotti, così come quelle dei cosiddetti politici da baraccone che occupano purtroppo a volte gli scranni delle istituzioni, portandoli a fare la giusta scelta. E, rischiarando il loro cuore, riverbera la luce sul futuro del Paese.