Lo spettro di Cinafrica

Il colonialismo otto-novecentesco è stato uno delle pagine più vergognose della storia europea. Per secoli le potenze del vecchio continente hanno spolpato l’Africa, l’America latina e l’Asia, depredandole di materie prime e forza lavoro. In particolare, i Paesi africani sono stati letteralmente saccheggiati di tutto ciò che di prezioso custodisse il loro sottosuolo. Sono passati diversi decenni, ma la cronica mentalità imperialista ha soltanto cambiato latitudine. Oggi, infatti, ci sono neo-colonialisti, ammantati di ideologia, a fare incetta di metalli rari e contesissime risorse energetiche con l’obiettivo di dominare l’economia globalizzata del terzo millennio. Come sacerdote impegnato al servizio degli ultimi, raccolgo quotidianamente le testimonianze dei profughi che sono costretti a migrare dalle loro terre per ovviare all’impoverimento provocato da una dinamica epocale eppure ignorata dalla maggioranza dei mass media.

I nuovi imperialisti che arrivano da oriente, irrompono nei palazzi presidenziali in nazioni poverissime, impossibilitate a rifiutare la loro proposta. Sono gli strozzini del grande capitalismo di Stato e sono capaci di garantire ciò che nessun traballante governo africano può assicurare: contratti a scadenza ultradecennale per lo sfruttamento di giacimenti petroliferi e risorse minerarie. Ovviamente questi usurai di altissimo livello non si presentano a mani vuote: operano su larga scala e quindi, oltre a valigette ricolme di valuta pregiata, offrono infrastrutture colossali che i governanti locali si indebitano fino al collo per ripagare. Siccome, sull’esempio della millenaria via della seta, ad ogni debito non saldato corrisponde un usufrutto inestinguibile, gli strozzini 4.0 diventano in breve tempo i proprietari dello “statarello” a sovranità limitata.

Nulla di nuovo sotto il sole: in una tragica attualizzazione del capolavoro “La fattoria degli animali” di George Orwell, i signori dei diamanti e del gas “pagano” i ponti, gli aeroporti, le strade con la schiavizzazione della loro stessa gente. Proprio come nel celebre romanzo, i sedicenti “liberatori del popolo” sono diventati ottimi compagni di merende per i nuovi colonizzatori, anzi, sul modello dei maiali della fattoria, sono i primi a spartirsi il bottino con i nuovi negrieri, divenuti improvvisamente benefattori illuminati, in grado di migliorare le condizioni di vita dei sudditi. In realtà è una drammatica menzogna. Lo so bene perché le forme di assoggettamento che sostanziano la tratta degli innocenti cominciano proprio dalle terre di origine dei neo-schiavi. Il capo dei maiali era ricalcato precisamente sulla figura storica di Stalin.

E oggi, guarda caso, gli aspiranti dominatori dello scacchiere internazionale (ammiratori segreti dei patti tra tiranni del secolo scorso) tornano protagonisti negli scenari geopolitici più appetiti. Insomma, per paura che gli antagonisti dichiarati, ossia i capital-comunisti, inghiottano tutto di un fiato il terzo mondo, i nipotini dei signori del novecento insanguinato mettono in scena un teatrale revival della peggiore storia contemporanea, dividendosi, da astuti avvoltoi, la carcassa di nazioni già in avanzato stato di disfacimento come l’Iraq, la Libia e soprattutto la martoriata Siria. Intanto l’Europa stenta persino ad accordarsi su una misura minima di civiltà che noi operatori umanitari invochiamo da tempo (i corridoi umanitari comunitari), i singoli Paesi dell’Ue si arrovellano su come trarre cinico e spregiudicato vantaggio dalle disgrazie di popoli in disperata fuga. Formulo perciò un auspicio, in apparenza utopico, ai nostri “statisti” (ammesso che ce ne siano): nessuno in Europa cerchi più di firmare contratti economici con dittatori in smobilitazione.

Va bene concordare mediazioni (a patto di riuscirci) però non è dignitoso rincorrere autocrati di dubbia democraticità sul terreno diabolico delle convenienze “tribali”. Sappiamo che l’Europa ha sulla coscienza ben due conflitti mondiali e che gli Stati Uniti da decenni rinfocolano in giro per il mondo decine di guerre dimenticate per arricchire la propria industria militare. Ieri Papa Francesco, ricevendo tutti gli ambasciatori accreditati in Vaticano, ha cancellato ogni alibi: lo spirito di pace può soffiare ovunque, a patto che non si smetta di dialogare. Il Vangelo parla chiaro, non si mette vino nuovo in otri vecchi. Per le nuove generazioni non funzioneranno mai le vecchie ricette coloniali, la speranza sopravvive agli spettri del peggior passato.

La rincorsa a Cinafrica e i nuovi imperialisti ingrassano i trafficanti di morte rubando il futuro ai giovani. Si continua ad armare la mano del boia, obbligando i poveri ad impugnare un mitra oppure a scappare da casa propria persino nascosti nel carrello di un aereo.