L’illusione del 4-3

Se finisse 4-3 per i democratici, ha detto Renzi in un’intervista al Secolo XIX, “sarebbe una vittoria”. Berlusconi ha replicato: “Se facciamo 4-3, Renzi sarà costretto a dimettersi”. Ecco, tutto ruota intorno a quello che sembra essere diventato un numero magico. D’altra parte il risultato, per noi italiani, è evocativo. Ci ricorda quella celeberrima semifinale Italia-Germania giocata il 17 giugno 1970 allo stadio Azteca di Città del Messico, quella che è stata definita la partita del secolo.

Un’intera nazione aspettava quel giorno per capire se avrebbe avuto o meno un futuro. Il calcio aveva pervaso un Paese che stava facendo i conti con il dolore di Piazza Fontana (la strage avvenuta il 19 dicembre 1969). Lo stipendio di un operaio era di 120.000 lire, un giornale in edicola costava 70 lire e c’erano ancora i biglietti del tram: 70 lire anch’essi, come una tazzina di caffè. L’Italia politica si apprestava a vivere un decennio di compromessi e reciproche concessioni al fine di scongiurare la spinta rivoluzionaria del ’68. La popolazione era ideologicamente divisa in due, e quella partita ebbe il merito di ricucire gli animi, lenire le ferite, far ritrovare l’orgoglio nazionale, mettere i valori dello sport al di sopra delle pastette. La nazionale aveva davanti la Germania Ovest, panzer allora come oggi. Non c’era la Merkel, ma la rivalità era la stessa.

Ecco perché evocare il 4-3 ha un significato che va al di là del risultato delle regionali; ecco perché sia Renzi che Berlusconi utilizzano i numeri per dare un valore trascendente allo scontro elettorale. Chi vince diventa un “eroe”, catalizza l’attenzione, può ergersi al rango di colui che detta tempi e modalità della politica. O almeno questo è ciò che le parole dei due leader cercano di trasmettere al popolo, senza voler considerare il fatto che comunque vada il centrodestra è esploso e il Pd è imploso.

I tempi, poi, non sono più gli stessi. Il boom economico non c’è, la costruzione di un Paese dove il risparmio è alla base delle famiglie è ormai un lontano ricordo. Il concetto stesso di famiglia oggi viene messo in discussione da alcune proposte di legge attualmente al vaglio del Parlamento. Non c’è neanche il terrorismo, per essere onesti, ma l’esasperazione tra la gente sta aumentando ormai da anni, e nessuno sa come poter definire un livello di guardia che possa dare garanzie di sicurezza.

Ciò che non si dice a proposito del voto di oggi in 7 regioni, ma invece dovrebbe far riflettere pensando ai paragoni, è che persino quel 4-3, pur nella sua immensa bellezza, fu effimero. Il 21 giugno, sempre nello stesso stadio, fummo travolti dal Brasile che ci rifilò 4 reti. Alla fine a perdere fu l’Italia. Un risultato che stavolta il Paese non si può permettere…