L’etica ambientalista si fa largo in Europa

Un anno fa, l’allora neo eletta, Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, aveva presentato il Green Deal europeo: un piano per rendere l’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050. Questo appena enunciato è il primo dei tre punti che si leggono anche sul sito internet della Commissione; gli altri due sono: la crescita economica dissociata dall’uso delle risorse e il non trascurare nessuna persona e nessun luogo. 

Insomma, a dicembre scorso, sulla spinta di una nuova sensibilità ambientalista globale che va dall’enciclica di Papa Francesco a Greta Thunberg e il movimento Friday for Future, anche l’Europa, rinnovata nei suoi vertici, fissava nell’ecologia una priorità. Poco dopo, però (e purtroppo), il mondo è stato travolto dalla pandemia e l’emergenza covid ha eliminato dal dibattito qualsiasi altro tema: sono mesi che ci occupiamo dell’andamento dei contagi, delle vittime, della crisi economica che ne è scaturita. Un mondo letteralmente stravolto nel giro di pochi giorni.

Proprio per questo sapere che il Consiglio europeo di ieri si è concluso non solo con l’accordo sul Recovery Fund, ma anche su quello sul clima è un piccolo-grande sospiro di sollievo. Dopo ore di discussioni, infatti, i leader europei sono riusciti a trovare un testo condiviso sui cambiamenti climatici che fissa l’obiettivo di tagliare e emissioni di almeno il 55% entro il 2030. Secondo von der Leyen questo “ci pone su un percorso chiaro verso la neutralità climatica nel 2050”. Soddisfazione anche da parte degli altri leader per aver dimostrato che l’Europa è riuscita a mantenere l’impegno di fissare la questione climatica tra le priorità dell’Unione.

L’ecologia è un termine relativamente recente del vocabolario politico, ma negli ultimi tempi è ormai acquisito e piuttosto utilizzato: ragionare di etica ambientalista all’interno del dibattito politico economico e culturale europeo fa emergere finalmente la responsabilità che la società ha nei confronti delle generazioni future.

Nelle scelte che si prendono nel presente bisogna includere necessariamente “il domani” per consegnare un mondo che sia almeno “in via di miglioramento”, in un continuo passaggio di testimone tra generazioni che vivono, pensano e lavorano in armonia con il mondo e non sfruttandolo.