Le favelas della porta accanto

Nell’Italia pre-coronavirus c’erano circa un milione di bambini e adolescenti che vivevano “in assoluto stato di indigenza” per citare le parole esatte di Save the Children che monitora con attenzione tutte le criticità che riguardano l’infanzia. La stessa organizzazione ora parla di due milioni di minori in difficoltà, che rischiano la povertà assoluta.

Siamo abituati a parlare dei bambini dell’Africa, a mostrare i loro volti affamati e i loro occhi tristi senza futuro, provando – guardandoli – quel disagio di chi vive nella parte ricca del mondo; oppure a commentare le immagini delle favelas latino americane, di quei ragazzi che giocano a piedi nudi con un pallone improvvisato; o di quelle zone dell’India dove i bimbi diventano grandi troppo in fretta, crescendo tra i rifiuti delle discariche. Ed invece, anche qui, accanto a noi, ci sono migliaia di minori così poveri da non avere nulla, neanche il sogno di un domani migliore. L’emergenza coronavirus si somma infatti ad una realtà già complicata e così questi ragazzi si trovano schiacciati tra la povertà crescente e l’assenza di opportunità. Per loro non c’è didattica a distanza, non c’è la possibilità di partecipare ad attività extrascolastiche. Non c’erano opportunità prima e non ci sono ora in piena pandemia. I numeri del rapporto di Save The Children “Riscriviamo il Futuro. L’impatto del Coronavirus sulla povertà educativa” parlano chiaro: quasi un genitore su sette tra quelli in condizioni socio-economiche più fragili, pari al 14,8%, ha perso il lavoro per via dell’emergenza Covid-19, oltre la metà lo ha perso temporaneamente.

Genitori senza lavoro vuol dire spesso figli senza serenità e mezzi per diventare adulti, abbandono scolastico e nei casi più estremi delinquenza minorile con conseguente ipoteca sul proprio futuro. Sempre nel rapporto si legge quanto sia difficile fare i compiti in questa situazione o seguire lezioni online: un bambino su dieci lo fa meno di una volta a settimana. La maggior parte dei genitori, circa il 60%, sta facendo i conti con una riduzione temporanea dello stipendio. In questo quadro si inserisce il dato più preoccupante che da solo fornisce la fotografia più diretta della situazione: il sondaggio fatto per conto di Save The Children durante il lockdown su oltre 1000 famiglie rivela che quasi la metà di tutte le famiglie con bambini tra gli 8 e i 17 anni intervistate,  pari al 44,7%, ha dovuto ridurre le spese alimentari e il consumo di carne e pesce (41,3%). Se a questo scenario si aggiunge l’assenza del servizio di mensa scolastica per i propri figli che per quasi tutti loro (40,3%) era esente da pagamenti, si comprende come riuscire a dare da mangiare sia una piccola grande impresa quotidiana per questi genitori. Il 21,5% delle famiglie non riesce a comprare le medicine necessarie o rinuncia alle cure perchè non hanno la possibilità di far fronte alle spese. Una famiglia su cinque, racconta ancora il sondaggio, è dovuto ricorrere a prestiti economici da parte di familiari o amici e il 15,5% ha dovuto fare conto su aiuti alimentari.

Leggendo attentamente i dati forniti da Save The Children ci si accorge che la povertà che vediamo in televisione quando vanno in onda i reportage che riguardano Paesi lontani non è così diversa da quella dei bambini che sono vicino a noi ed è triste pensare che sia la miseria ad accomunarli e non la gioia di vivere e la capacità di sognare. Gli adulti sono responsabili per loro, sono tutti bambini della porta accanto che vivano in Italia o altrove. Il loro diritto a un domani migliore obbliga tutti ad un presente più consapevole perchè anche tra loro possa crescere il futuro.