Editoriale

La guerra rende il mondo peggiore

La vera risposta al conflitto russo-ucraina non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari, ma un’altra impostazione del pensiero, un modo diverso di governare il mondo ormai globalizzato, un modo diverso di impostare le relazioni internazionali. Occorre abbracciare una cultura della cura dell’altro. Con la guerra nessuno vince. Con la guerra tutto si perde, tutto. Occorre sconfiggere la guerra. La soluzione è lavorare insieme per la pace, fare delle armi, come dice la Bibbia, strumenti per la pace. Oggi più che mai urge rivedere lo stile e l’efficacia dell’ars politica. La guerra lascia il mondo peggiore.

Nei primi anni novanta del secolo scorso, a seguito del crollo politico del blocco comunista dei Paesi dell’Est europeo, Giovanni Paolo II con coraggio e con una netta presa di posizione sorpassa il diritto alla non-ingerenza negli affari interni di uno Stato con il prevalente dovere dell’ingerenza umanitaria, con queste argomentazioni: «Esistono degli interessi che trascendono gli Stati: sono gli interessi della persona umana, i suoi diritti. Oggi come ieri, l’uomo e le sue necessità sono, ahimè, tuttora minacciati, a dispetto dei testi più o meno vincolanti del diritto internazionale, a tal punto che un nuovo concetto si è imposto in questi mesi, quello di “ingerenza umanitaria”… Una volta che tutte le possibilità offerte dai negoziati diplomatici, i processi previsti dalle convenzioni e dalle organizzazioni internazionali siano stati messi in atto, e che, nonostante questo, delle intere popolazioni sono sul punto di soccombere sotto i colpi di un ingiusto aggressore, gli Stati non hanno più il diritto all’indifferenza. Sembra proprio che il loro dovere sia di disarmare questo aggressore, se tutti gli altri mezzi si sono rivelati inefficaci».

Più recente è l’ulteriore evoluzione magisteriale del principio dell’ingerenza umanitaria nel principio della responsabilità di proteggere ad opera di Benedetto XVI nel discorso tenuto all’Assemblea delle Nazioni Unite, il 18 aprile 2008: «Il riconoscimento dell’unità della famiglia umana e l’attenzione per l’innata dignità di ogni uomo e donna trovano oggi – così si è espresso il pontefice – una rinnovata accentuazione nel principio della responsabilità di proteggere. Solo di recente questo principio è stato definito, ma era già implicitamente presente alle origini della Nazioni Unite ed è ora divenuto sempre più caratteristica dell’attività dell’Organizzazione. Ogni Stato ha il dovere primario di proteggere la propria popolazione da violazioni gravi e continue dei diritti umani, come pure dalle conseguenze delle crisi umanitarie, provocate sia dalla natura che dall’uomo. Se gli Stati non sono in grado di garantire simile protezione, la comunità internazionale deve intervenire con i mezzi giuridici previsti dalla Carta delle Nazioni Unite e da altri strumenti internazionali. L’azione della comunità internazionale e delle sue istituzioni, supposto il rispetto dei principi che sono alla base dell’ordine internazionale, non deve mai essere interpretata come un’impostazione indesiderata e una limitazione di sovranità. Al contrario, è l’indifferenza o la mancanza di intervento che recano danno reale. Ciò di cui vi è bisogno è una ricerca più profonda di modi di prevenire e controllare i conflitti, esplorando ogni possibile via diplomatica e prestando attenzione ed incoraggiamento anche ai più flebili segni di dialogo o di desiderio di riconciliazione».

La guerra non è mai inevitabile. La pace è sempre possibile. Anzi doverosa. Papa Francesco si pone nella stessa scia dei suoi immediati predecessori sia quanto al rapporto religione e guerra sia quanto alla condanna della guerra nucleare. Per quanto concerne il primo rapporto basta leggere quanto ha sottoscritto il 4 febbraio 2019, assieme al Grande Iman di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb, nel Documento sulla Fratellanza Umana per la pace e la convivenza comune. Affermazioni analoghe le ha pronunciate durante il suo viaggio apostolico in Iraq (5-8 marzo 2021). Ecco in sintesi il pensiero di papa Francesco: la religione, per sua natura, dev’essere al servizio della pace e della fratellanza. Il nome di Dio non può essere usato per «giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione». Dio è misericordioso. L’offesa più blasfema è profanare il suo nome odiando il fratello. Ostilità, estremismo e violenza non nascono da un animo religioso: sono tradimenti della religione. Per quanto riguarda invece il pensiero di papa Francesco sulle armi nucleari e la legittima difesa basta riferirsi a quanto egli ha detto in occasione del suo viaggio apostolico in Giappone (23-26 novembre 2019) e a quanto ha ribadito attraverso l’enciclica Fratelli tutti. A Hiroshima, presso il Memoriale della pace, il pontefice ha affermato in modo lapidario: «Con convinzione desidero ribadire che l’uso dell’energia atomica per fini di guerra è, oggi più che mai, un crimine, non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune. L’uso dell’energia atomica per fini di guerra è immorale, come allo stesso modo è immorale il possesso delle armi atomiche, come ho già detto due anni fa» (24 novembre 2019).

Come possiamo parlare di pace mentre costruiamo nuove e formidabili armi di guerra? La nostra risposta alla minaccia delle armi nucleari dev’essere collettiva e concertata, basata sull’ardua, ma costante costruzione di una fiducia reciproca che spezzi la dinamica di diffidenza attualmente prevalente. «È necessario rompere la dinamica della diffidenza che attualmente prevale e che fa correre il rischio di arrivare allo smantellamento dell’architettura internazionale di controllo degli armamenti. Stiamo assistendo a un’erosione del multilateralismo, ancora più grave di fronte allo sviluppo delle nuove tecnologie delle armi; questo approccio sembra piuttosto incoerente nell’attuale contesto segnato dall’interconnessione e costituisce una situazione che richiede urgente attenzione e anche dedizione da parte di tutti i leader».  A proposito del diritto di legittima difesa a cui, nella situazione della guerra tra Russia e Ucraina, ci si è appellati per giustificare la reazione ucraina di fronte all’invasione russa, ecco come argomenta il pontefice nella sua ultima enciclica FT: «Di fatto, negli ultimi decenni tutte le guerre hanno preteso di avere una “giustificazione”. Il Catechismo della Chiesa Cattolica parla della possibilità di una legittima difesa mediante la forza militare, con il presupposto di dimostrare che vi siano alcune «rigorose condizioni di legittimità morale». Tuttavia si cade facilmente in una interpretazione troppo larga di questo possibile diritto. Così si vogliono giustificare indebitamente anche attacchi “preventivi” o azioni belliche che difficilmente non trascinano “mali e disordini più gravi del male da eliminare”. La questione è che, a partire dallo sviluppo delle armi nucleari, chimiche e biologiche, e delle enormi e crescenti possibilità offerte dalle nuove tecnologie, si è dato alla guerra un potere distruttivo incontrollabile, che colpisce molti civili innocenti. In verità, “mai l’umanità ha avuto tanto potere su sé stessa e niente garantisce che lo utilizzerà bene”. Dunque non possiamo più pensare alla guerra come soluzione, dato che i rischi probabilmente saranno sempre superiori all’ipotetica utilità che le si attribuisce. Davanti a tale realtà, oggi è molto difficile sostenere i criteri razionali maturati in altri secoli per parlare di una possibile “guerra giusta”. Mai più la guerra!» (Fratelli tutti numero 258).

In breve, secondo papa Francesco – data la potenza distruttiva e non facilmente controllabile anche delle armi non nucleari -, una guerra di legittima difesa diventa difficilmente giustificabile dal punto di vista morale. La risposta alle ingiuste aggressioni e alle controversie internazionali non può essere la guerra moderna. Perché? Perché non esistono «guerre giuste»: non esistono. Ecco quanto afferma. La guerra è una pazzia, è un mostro, è un cancro che si autoalimenta fagocitando tutto. Di più, la guerra è un sacrilegio, che fa scempio di ciò che è più prezioso sulla nostra terra, la vita umana, l’innocenza dei più piccoli, la bellezza del creato. La guerra è un sacrilegio.

mons. Mario Toso

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