La cananea, un’eretica innamorata di Dio

Nessuno di noi avrebbe potuto mai immaginare un comportamento di Gesù così insensibile e scostante da non voler sapere nulla della donna cananea che lo implorava per la figlia che era crudelmente tormentata da un demonio. Parola che aggrava la posizione di Gesù. Scusate la licenza letteraria altrettanto crudelmente indifferente. Al nostro buonismo fa subito effetto questa reazione di Gesù. Tanto che potremmo dire che Gesù fa una figuraccia. Fa una figuraccia agli occhi della donna e anche agli occhi dei discepoli, che almeno per convenienza avrebbero voluto che Gesù la assecondasse così se ne sarebbero potuti liberare. Ma cerchiamo di capire la geografia e le tradizioni ebraiche nei confronti dei cananei che Gesù rispetta pedissequamente.

Tiro e Sidone oltre il territorio della Decapoli erano considerati luoghi che gli ebrei non avrebbero dovuto frequentare perché era considerata una terra pagana. Anche nel vangelo di Marco (Mc 7,1-ss) Gesù si spinge in quella regione, in questo caso senza esitazione, verso persone poco affidabili per un pio israelita. Marco sembra avere un’idea molto più chiara in quanto al cap. 7,6-7 parte da una dura osservazione che Gesù fa ai farisei: “Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me.  Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini”.

Dal punto di vista storico sappiamo che i cananei nascono dal figlio di Noè che ha avuto nei confronti del padre un atteggiamento riprovevole. Quando dopo il ritorno sulla terra Noè pianta una vigna, fa il vino e si ubriaca. Si addormenta nudo e Cam lo deride andandolo a raccontare ai suoi fratelli Sem e Iafet. I fratelli camminando all’indietro con un mantello sulle spalle coprono le nudità di Noè. (Gn 9,20-27). In quell’occasione Noè venendolo a sapere maledice Canaan con parole molto feroci:

… allora disse:
“Sia maledetto Cànaan!
Schiavo degli schiavi
sarà per i suoi fratelli!”.
Disse poi:
“Benedetto il Signore, Dio di Sem,
Cànaan sia suo schiavo!
Dio dilati Iafet
e questi dimori nelle tende di Sem,
Cànaan sia suo schiavo!”.

Senza dilungarci troppo, ma è meritevole pensare ad un altro momento in cui la considerazione dei Cananei è chiara e diventa modello di depravazione. Nel famoso episodio del libro di Daniele (Dan 13,1-64) quando i due vecchi vogliono approfittarsi di Susanna e Daniele non è convinto delle loro dichiarazioni menzognere e li interroga separatamente per scoprire la verità esplode in un giudizio forte e chiaro: “Razza di Canaan e non di Giuda, la bellezza ti ha sedotto, la passione ti ha pervertito il cuore! Così facevate con le donne d’Israele ed esse per paura si univano a voi. Ma una figlia di Giuda non ha potuto sopportare la vostra iniquità.” (Dan 13,56-57) nei confronti dell’uno, e: “In verità anche la tua menzogna ti ricadrà sulla testa. Ecco l’angelo di Dio ti aspetta con la spada in mano per spaccarti in due e così farti morire” (Dan 13,59), nei confronti dell’altro.

Quindi è evidente che i cananei erano considerati molto male dagli ebrei e per di più qui è una donna con la figlia e gli ebrei non potevano accostare una donna sulla pubblica piazza.

Gesù sembra attenersi fedelmente a questa tradizione anche se questo atteggiamento ci può scandalizzare. Resiste per ben tre volte e per di più non risponde neanche alle sollecitazioni dei suoi discepoli che lo implorano, forse più per il timore di fare una brutta figura che per convinzione.

Una donna di un altro paese e di una “religione”, di serie B, fa cambiare mentalità e fa convertire, se così si può dire, Gesù. Quello che era riservato ad Israele o anche alle pecore perdute sempre della casa di Israele è necessario trasferirlo a tutta l’umanità. Questa cananea gli apre il cuore alla fame e al dolore di tutti i bambini, che siano d’Israele, di Tiro e Sidone, o di Gaza.

Sicuramente il lavoro che Matteo deve sostenere per la sua comunità giudeo cristiana è quello di passare da un primo ad un secondo testamento da una prima ad una seconda Alleanza. Non esiste più giudeo né greco, schiavo ne libero, la fame è uguale, il dolore è lo stesso, identico l’amore delle madri.

Questa donna cananea dice a Gesù, tu non sei venuto solo per quelli di Israele, tu sei Pastore di tutta l’umanità soffrente del mondo. Nonostante il respingimento di Gesù la donna insiste: “aiutami!” Gesù si oppone con una parola ancora più decisa: “Non si toglie il pane ai figli per gettarlo ai cani”. I pagani, dai giudei, erano chiamati “cani”. I prostituti sacri del culto Baal erano chiamati nello stesso modo. Il cuore di una donna disperata, ma libera da ogni precomprensione religiosa o teologia costruita a tavolino, attinge dal suo tesoro interiore, dal suo cuore di madre, una richiesta disperata ma sicuramente risolutiva: “è vero, Signore, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni”.

È la svolta. Questa immagine illumina Gesù. D’altro canto nel vangelo di Luca (Lc 16,19-31) si narra di un personaggio di nome Lazzaro che viveva alla porta di un uomo ricco che desiderava nutrirsi da ciò che cadeva dalla tavola del ricco e i cani venivano a leccare le sue ferite. La tenerezza di quell’episodio apre alla speranza di una possibilità straordinaria che porta Lazzaro nel seno di Abramo. Nel luogo dove vanno gli uomini e le donne che Dio ama. Nel regno di Dio, non ci sono figli e no, uomini e cani. Ma solo fame e figli da saziare, anche quelli che pregano un altro dio.

“Donna, grande è la tua fede!” Esclama Gesù che ha portato a termine la sua conversione, o se volessimo essere più precisi, Gesù è l’esempio di chi è capace di portare a termine la sua conversione.  Il modello del cristiano convertito dall’ebraismo che diventa l’uomo nuovo del regno dei cieli.

La cananea non va al tempio a pregare, forse prega un altro dio, per Gesù è la donna della fede. La sua grande fede sta nel credere che nel cuore di Dio non ci sono figli e cani, che Lui prova dolore per il dolore di ogni bambino, che la sofferenza di un figlio conta più della sua religione. Non ha la fede dei teologi, ma quella delle madri che soffrono. Conosce Dio dal di dentro, lo conosce dalle sue viscere di misericordia e lo sente in sintonia con il suo dolore e con il dolore di tutti gli uomini della terra.

Il suo grido di aiuto liberato dalle teologie e dalle tendenze è il grido di chi sa che Gesù può guarire la sua ferita. La ferita di un cuore di madre che si dispera per la figlia tormentata. Una ferita che attraversa il cuore dell’umanità, come uno squarcio o le crepe sulle tele di Burri, e che grida a Dio il suo desiderio di guarigione. Le divisioni e gli steccati che abitualmente erigiamo tra uomini e uomini tra scelti e scartati tra classi di credenti e altri credenti possono cadere davanti a questo grido di un’eretica innamorata di Dio.

Quanta strada ancora da fare anche nella vita di ciascuno di noi, dove le sicurezze di chi sente dalla parte della ragione, preclude l’incontro con Dio all’umanità affamata, sofferente e disperata.