I tre elementi per costruire la vera pace

Tutti i santi giorni dell’anno, puntualmente alle 18, chi passa in Piazza Mameli a Savona può ascoltare i 21 colpi (tanti quanti le lettere dell’alfabeto) provenienti da una grande campana, con i quali si vogliono ricordare i morti di tutte le guerre. Anche il traffico si ferma e la gente sosta, in silenzio o magari in preghiera…E’ un momento credo unico in Italia, e davvero significativo. Ed è lì che si siamo raccolti, lo scorso 31 dicembre, per iniziare un tempo di riflessione e di preghiera, in occasione della LV Giornata Mondiale della Pace; questo il tema scelto per quest’anno da Papa Francesco: “Dialogo fra generazioni, educazione e lavoro: strumenti per edificare una pace duratura”. E poi siamo andati in Cattedrale, e abbiamo ascoltato le parole appassionate di Don Ciotti, e l’omelia di Mons. Bettazzi, custode del Concilio (unico Vescovo ancora vivente ad essere stato partecipe di quella straordinaria esperienza!) e profeta di pace. In tanti sono giunti da lontano, dal Veneto come dalla Puglia.

Ma in questo breve articolo desidero soltanto rimandare al Messaggio di pace che anche quest’anno il Papa ha consegnato, nel giorno solenne e gioioso della Madre di Dio, alla Chiesa e al mondo. Francesco stesso ha indicato la motivazione di fondo del Suo Messaggio durante l’udienza concessa, il 10 gennaio, al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede: “Ho cercato di porre in evidenza gli elementi che ritengo essenziali per favorire una cultura del dialogo e della fraternità”.

Mi ha molto colpito l’inevitabile, felice intreccio che il Papa evidenzia tra dimensioni che spesso, invece, teniamo separate: “Anzitutto, il dialogo tra le generazioni, quale base per la realizzazione di progetti condivisi. In secondo luogo, l’educazione, come fattore di libertà, responsabilità e sviluppo. Infine, il lavoro per una piena realizzazione della dignità umana. Si tratta di tre elementi imprescindibili, per dare vita ad un patto sociale, senza il quale ogni progetto di pace si rivela inconsistente” (Messaggio del 1° gennaio, n.1).

Ma, nelle righe precedenti, il Papa richiama un altro intreccio, altrettanto decisivo. Perché “la pace è insieme dono dall’alto e frutto di un impegno condiviso. C’è infatti una architettura della pace, dove intervengono le diverse istituzioni della società, e c’è un artigianato della pace, che coinvolge tutti noi in prima persona”. Perché la pace è possibile solo quando ci mettiamo in mezzo (è il senso etimologico dell’intercessione: inter-cedere, mettersi in mezzo…), rischiando qualcosa e spendendo del nostro (intelligenza, passione, soldi e tanto altro)! E’ la lezione di Don Tonino Bello, di Milani, Mazzolari, Romero…

Questa postura dell’intercessione chiede infatti a ciascuno il coraggio della denuncia e della presa di parola. Scrive Francesco, nel Suo Messaggio: “Negli ultimi anni è sensibilmente diminuito, a livello mondiale, il bilancio per l’educazione e l’istruzione, considerate spese piuttosto che investimenti…Le spese militari, invece, sono aumentate, superando il livello registrato al termine della guerra fredda, e sembrano destinate a crescere in modo esorbitante”. Più chiaro di così! E mi chiedo, ad esempio, che cosa ci sia da esultare – anche in Italia! – quando si costruiscono una dozzina di aerei da guerra.

E nel Discorso al Corpo diplomatico il Papa è ancor più preciso: “Come diceva San Paolo VI, non si può amare con armi offensive in pugno”. E poi Francesco riprende parole da lui stesso dette, nel 2019, ad Hiroshima: “Quando ci consegniamo alla logica delle armi e ci allontaniamo dall’esercizio del dialogo, ci dimentichiamo tragicamente che le armi, ancor prima di causare vittime e distruzioni, hanno la capacità di generare cattivi sogni”. Per poi ribadire una “speciale preoccupazione” per le armi nucleari: “La Santa Sede rimane ferma nel sostenere che le armi nucleari sono strumenti inadeguati e inappropriati a rispondere alle minacce contro la sicurezza nel 21° secolo e che il loro possesso è immorale”. Minacciano “l’esistenza stessa dell’umanità”.

Dal Discorso al Corpo diplomatico come dal Messaggio, emerge poi (ma la mia sintesi è davvero riduttiva) la grande attenzione di Francesco per la questione educativa, molto sottolineata del resto dalla sua proposta di un Patto educativo globale per l’educazione. Scrive nel Messaggio: “E’ l’educazione a fornire la grammatica del dialogo tra le generazioni”. E ai diplomatici: “Essa è il vettore primario dello sviluppo umano integrale, perché rende la persona libera e responsabile”.

A me questo sta molto a cuore, perché sono affezionato ai ragazzi e ai giovani, e so quanto stanno soffrendo per la pandemia (ma noi adulti, eterni Peter Pan, ce ne accorgeremo una buona volta?)! Del resto, il Papa stesso in più occasioni ha legato “la catastrofe educativa” all’emergenza pandemica, e con i diplomatici si è soffermato molto sulla pandemia e i vaccini, chiedendo tra l’altro che “le regole monopolistiche non costituiscano ulteriori ostacoli alla produzione e a un accesso organizzato e coerente alle cure a livello mondiale”.

Mi piace chiudere con il sogno del Papa, al termine del Suo Messaggio: “Che siano sempre più numerosi coloro che, senza far rumore, con umiltà e tenacia, si fanno giorno per giorno artigiani di pace. E che sempre li preceda e li accompagni la benedizione del Dio della pace!”