I territori violentati

I guai più grandi dell’uomo arrivano quando smette di considerarsi un piccolo contributo nel vasto scenario del creato e si arroga il diritto di dettare le regole su come sviluppare la vita. Accade così che la Natura venga piegata per anni alle esigenze della civiltà moderna, ingabbiata in presunti limiti di sicurezza che inevitabilmente prima o poi dovranno fare i conti con la sua forza.

I territori italiani per anni sono stati oggetto della più sfrenata cementificazione, senza alcuna programmazione. Il malaffare e la connivenza, quando non semplicemente l’inerzia delle amministrazioni, hanno consentito di costruire laddove non sarebbe stato giusto farlo: nell’alveo di un fiume piuttosto che alle pendici di un vulcano. Non solo, ma la scarsa lungimiranza degli amministratori locali ha anche consentito il disboscamento di vaste aree di territorio, mettendo così in crisi l’equilibrio idrogeologico del Paese.

Purtroppo non impariamo mai dai nostri errori. Polesine 18 novembre 1951: 100 morti, 170.000 sfollati; Firenze, 3 e 4 novembre 1966: 35 morti, 18.000 disoccupati; Genova, 7 e 8 ottobre 1970: 25 morti, 500 sfollati; Valtellina, 17/28 luglio 1987: 27 morti, 19.500 sfollati; Campania (Sarno), 5 maggio 1998: 153 morti, centinaia di sfollati. E questo solo per citare i più lontani nel tempo, quegli episodi persi nella memoria o buoni soltanto per mettersi la fascia tricolore in qualche ricorrenza.

Secondo il rapporto dellIstituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) in Italia il 70,5% dei comuni sono interessati da cedimenti e smottamenti. Di questi quasi 3000 sono classificati con un livello di intenzione molto alto, e oltre 1700 con un livello elevato.

Che una città possa essere tragicamente inondata due volte in tre anni scarsi è inaccettabile; l’ultimo episodio di Genova deve far riflettere su quanto sia impensabile e irresponsabile non sviluppare corrette politiche di programmazione dell’uso del territorio disattendendo ripetutamente normative di grande importanza.

Esiste infatti una serie di leggi che sono state e vengono ampiamente disattese, o se applicate, soltanto perché la legge viene interpretata come una imposizione burocratica e non come uno strumento che riassuma, ordina e tuteli reali condizioni di rischio. In passato anche l’Associazione Geologi ha denunciato la mancata applicazione delle leggi. Ma gli interessi economici che esistono dietro ai Piani regolatori non sempre collimano con quelli della sicurezza. Ed è a questo punto che la scusa della cronica mancanza di fondi diventa utile per girarsi dall’altra parte, violentando valli e colline. Accada quel che accada.