La Giornata Internazionale della donna tra ansie di guerra e impegno per i diritti

Con le preoccupazioni e le ansie di una guerra in atto in Europa e di una sua possibile escalation a livello mondiale, e con la minaccia del salto al nucleare, celebriamo la Giornata Internazionale della donna 2022. Le immagini in diretta di questa nuova follia del presidente russo Putin, con l’obiettivo di riportare, dopo l’annessione della Crimea del 2014, sotto il proprio ombrello anche l’Ucraina, fanno rabbrividire e rievocano a colori le tristi immagini in bianco e nero sul secondo conflitto mondiale e lo sterminio degli ebrei. Lunghi cortei di profughi in cammino, soprattutto donne e bambini – moltissimi uomini sono rimasti a combattere per difendere il proprio territorio – alla ricerca di lidi più tranquilli fuori dal raggio dei bombardamenti. Quando i diritti arretrano, è allora che tutti dobbiamo rimboccarci le maniche e far sentire con più forza la nostra voce per una giusta e decisa inversione di rotta. Ed è quello che in un certo senso stanno cercando di fare anche le donne, in occasione delle celebrazioni dell’8 Marzo, rilanciando il proprio impegno contro tutte le forme di disuguaglianza e discriminazione e riaffermando i propri diritti ulteriormente compressi a causa della pandemia.

Bisognerà, pertanto, riprendere le fila per tornare a guardare al futuro facendo tesoro del portato di cambiamenti che l’emergenza ha determinato. Occorrerà prestare maggiore attenzione, oltre alle iniziative mirate ad una maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro e al potenziamento dei servizi per la famiglia, o meglio alla valorizzazione dell’economia della cura, al miglioramento delle condizioni di lavoro contrastando concretamente le disparità presenti, a partire da quelle salariali e dalla segmentazione e segregazione lavorativa. Per finire, poi, alle misure tese alla promozione della conciliazione/condivisione tra famiglia e lavoro, sia attraverso uno sviluppo maggiore del welfare aziendale e sia facendo ricorso a istituti innovativi come lo smart-working, da perfezionare e contrattualizzare tenendo conto anche dei potenziali rischi per le lavoratrici, come il doppio carico di lavoro.

Il peso ed il mancato riconoscimento del valore economico della cura restano ancora oggi il principale ostacolo all’ingresso e alla permanenza nel mondo del lavoro delle donne.  Un peso dovuto in larga parte all’insufficiente presenza di infrastrutture socio-assistenziali, sia pubbliche sia del privato-sociale, in grado di assicurare adeguati servizi alle famiglie, agli anziani disabili e quelli per la prima infanzia, dagli asili nido alle scuole dell’infanzia. Una carenza che si avverte in particolar modo nel Sud Italia – anche se il recente bando per assegnare ai comuni le risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza destinate agli asili nido ha ricevuto pochissime domande proprio al Sud e di cui si sta cercando di comprenderne ragioni e difficoltà – sottolineando, ancora una volta, i profondi divari esistenti tra le diverse aree nel nostro Paese. Se si investisse più adeguatamente in sanità e assistenza sociale – come ha sottolineato il sindacato internazionale (Ituc) riprendendo il messaggio del Segretario Generale delle Nazioni Unite per l’8 Marzo, entro il 2030 potrebbero essere creati a livello globale circa 269 milioni di posti di lavoro dignitosi e favorirebbe l’effettiva partecipazione delle donne all’economia nel suo insieme. Non dimentichiamoci che i due terzi della forza lavoro mondiale nell’assistenza sono donne.

In Italia, un’attenzione particolare dovrà essere posta, inoltre, alle lavoratrici immigrate, colpite anch’esse drammaticamente dall’emergenza pandemica, che rappresentano un importante sostegno per il lavoro di cura nelle nostre famiglie ma che spesso vivono condizioni difficili, talvolta “totalizzanti” oltreché segreganti.

Quando si affronta il tema della cura non si può non evidenziare, infine, la necessità di potenziare la medicina territoriale e quella di genere, così come l’assistenza domiciliare, strumenti di sostegno e di prevenzione di cui oggi c’è bisogno più che mai.

Il nostro Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, pertanto, insieme ai diversi provvedimenti attuativi, rappresenta una grande opportunità per affrontare complessivamente la questione di genere, sempre aperta, e delineare un percorso concreto verso la parità tra uomini e donne, in linea anche con gli obiettivi dell’Agenda ONU per lo sviluppo sostenibile.