Francesco sul Golgota della pandemia

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Re e governanti sono passati alla storia per come hanno affrontato guerre e pestilenze, allo stesso modo Papa Francesco è entrato di diritto negli annali universali per la straordinaria e fortissima invocazione di fede con la quale ha affidato a Dio la salvezza dell’umanità messa in grave pericolo dalla pandemia in corso.

Chi avrebbe mai potuto immaginare scene del genere? Gesti carichi di significato e parole spontaneamente solenni in un contesto apparentemente surreale perché mentre lo guardavamo si percepiva che quanto mostrato dalle telecamere era solo una piccola parte dell’immenso evento che si stava manifestando. Lo schermo domestico ci ha inseriti all’interno di una storia che non ha eguali in due millenni di cronache ecclesiastiche. Immagini che entreranno nei libri di testo delle scuole.

Sia detto per inciso: d’ora in poi verrà sommerso dal discredito chiunque continuerà a diffondere la diabolica menzogna di un Pontefice che si interesserebbe solo di questioni sociali e che trascurerebbe perciò i temi profondi e intangibili dell’anima e dell’etica cattolica. Niente di più mendace di questa pretestuosa e sterile polemica. Francesco ha lanciato un poderoso appello alla conversione personale da contestualizzare in una complessiva revisione degli stili di vita e dei modelli di società contemporanea.

I discepoli, che atterriti dalla tempesta svegliano Gesù che sta dormendo, (unica volta in tutto il Vangelo in cui viene descritto il sonno del Cristo) siamo tutti noi che ci affanniamo a riempire come scatoloni le nostre vite seguendo un ordine di priorità che esclude Dio e il resto della collettività. Al contrario degli apostoli in evidente disagio su quella imbarcazione precaria, Gesù è così tranquillo da mettersi a poppa, cioè nella parte della barca che affonda per prima, perché nutre una fiducia incondizionata nei confronti del Creatore.

Ecco la via indicata da Papa Francesco: consegnare noi stessi in maniera totale ad una dimensione trascendente non più percepita come lontana e indifferente, bensì partecipe e familiare. Si tratta della stessa semplice solennità con cui il Pontefice ha compiuto azioni senza precedenti, non avendo bisogno di caricare di formalismo ciò che lui riesce a valorizzare nell’eccezionale ricchezza di contenuti e significati della vera fede.

Nell’anziano padre della cristianità che procede claudicante con il Santissimo in mano è simboleggiata l’assunzione di responsabilità che è riecheggiata come un richiamo nella vuota e desolata piazza San Pietro, ancora più grigia sotto la pioggia ma illuminata dalla limpidissima spiritualità di un Pontefice mistico e carismatico. Tutto il peso del mondo in bilico per l’emergenza sanitaria è apparso sulle spalle del Papa degli ultimi, che ha fatto dell’apparente debolezza la forza indispensabile a far udire parole di autentica condivisione ribadendo che siamo tutti, lui incluso, sulla stessa barca.

In un paio di passaggi della meditazione Francesco si è anche dovuto interrompere per un respiro appesantito, con il volto visibilmente emozionato per il senso di paternità che gli fa avvertire interamente la gravità del suo compito. Le aspettative nei confronti nella storica iniziativa del Vicario di Cristo sono andate molto al di là del recinto sacro e della moltitudine dei credenti.

Sono arrivati messaggi sui nostri telefonini anche da atei e agnostici che invitavano amici e parenti a partecipare al momento unico al quale sono state legate le speranze dell’intero genere umano.

C’è tutto il cammino del gesuita di strada Bergoglio nell’umile fierezza di innalzare sul sagrato della Basilica vaticana, Gesù-Eucarestia presentato come il Salvatore ad un mondo spesso distratto e ostile. Sembrava di rivedere nel successore di Pietro i confratelli di Bergoglio, che nelle periferia della storia, hanno testimoniato fino al martirio la fedeltà a Cristo offrendosi, senza temere per la loro incolumità, alla protervia dei potenti di turno che ne reclamavano inutilmente abiure e sconfessioni.

Nella serata tetra ma radiosa nella quale il Papa ha dimostrato al mondo che il mistero pasquale si ripete ogni giorno, Papa Francesco ha sintetizzato la profondità interiore del percorso quaresimale in un momento irripetibile nel quale si è ripetuta la vittoria della vita sulla morte. L’ispirazione interiore e spontanea proietta la preghiera in mondovisione su un nuovo golgota dove il Vicario di Cristo torna a ribaltare la logica mondana del demonio che credeva oltre duemila anni fa, con la crocifissione del Figlio di Dio, di essere ormai il trionfatore.

All’opposto quella che sembrava, oggi come ieri, la sconfitta della fragilità al cospetto della prepotenza si rivela la nota con la quale l’armonia divina riempie di senso e letizia la più buia delle ore. I nuovi Ponzio Pilato e gli imitatori di Erode hanno ammainato, per il momento, le bandiere della tracotanza e nel punto più tragico della pandemia è uscito solo e fortissimo il grido di vicinanza e di aiuto del Vescovo di Roma che, unico nella storia, ha deciso di chiedere pubblicamente a Dio la fine della nuova peste.