Festa del riconoscimento: liberi dalle dipendenze

Oggi la Comunità Papa Giovanni XXIII si riunisce per la Festa del Riconoscimento, una festa voluta dal Servo di Dio don Oreste Benzi per gioire insieme ai molti giovani che ogni anni finiscono il percorso terapeutico di riabilitazione, liberandosi dalla dipendenza dalle droghe, dall’alcol o dal gioco. Quando un ragazzo cade schiavo della dipendenza, è una dramma che coinvolge anche le famiglie, per questo oggi sono chiamate a festeggiare anche loro. La ricorrenza è il 26 dicembre, giorno in cui la Chiesa fa memoria del primo martire, Santo Stefano. Questo per simboleggiare la rinascita di una nuova vita, una nuova storia.

Ci sono varie tipi di sostanze, negli ultimi anni anche quelle sintetiche, non sono tutte uguali. Bisogna però ricordare che ognuna crea una dipendenza e un’alterazione della percezione della realtà. E’ di fondamentale importanza far capire ai giovani – ma anche agli adulti – che la dipendenza dalle droghe, ma anche dall’alcol, può portare a conseguenze molto gravi, anche alla morte.

Ai giovani bisogna offrire opportunità, loro amano la vita, vogliono un incontro bello, simpatico, con la vita. Come prima cosa necessitano di una relazione significativa e di qualità con i genitori, fatta di dialogo, di confronto, l’educazione dei figli non può essere lasciata in mano ai social. La scuola ha una grande responsabilità nell’aprire il cuore e la mente dei ragazzi. Dovrebbero avere occasione di sperimentare, di avere una prospettiva dinamica e interculturale. Inoltre, si dovrebbe dar loro modo di svolgere attività sportive, musicali, artistiche. I giovani hanno bisogno di potersi esprimere ed incontrarsi, questa è la migliore. E’ altrettanto necessario far conoscere: noi andiamo a testimoniare nelle scuole l’abisso in cui tanti loro coetanei sono caduti e i danni causati allo loro salute e, a volte, alle loro famiglie.

C’è una frase molto bella che diceva don Oreste Benzi: “L’uomo non è il suo errore”. Proprio per questo motivo, noi della Comunità Papa Giovanni XXIII, nelle comunità di recupero partiamo dall’offrire ai giovani una relazione significativa con gli operatori. Si parte dalla ricerca dell’assoluto, dell’infinito, del significato della vita e sull’interrogarsi sul rapporto con Dio. La nostra cura, soprattutto, parte anche dalla condivisione con gli ultimi: tutti hanno fatto esperienza di aiuto ai più deboli, una palestra di vita significativa che sarà il loro bagaglio per il futuro.