Il Consiglio dei Ministri ha dichiarato lo stato di emergenza per sei mesi a causa del continuo aumento dei flussi migratori ed ha stanziato una prima trance di fondi di 5 milioni di euro. Ma questo aiuterà a risolvere il problema? Quello dell’immigrazione è un emergenza mondiale. Sono coinvolti i popoli affamati, quelli che sono in guerra, quelli che vivono in periodi di carestia. Una mia sorella vive in Etiopia da molti anni, lì c’è una carestia endemica e non hanno nemmeno quattro pannocchie di granturco per dare da mangiare.
Il problema dei flussi migratori è mondiale e per tanto va affrontato in maniera globale. E’ necessario partire dal cercare di rimuovere le cause che provocano le migrazioni con attenzione e rispetto del creato, creando posti di lavoro nelle terre di origine di queste persone. Questo darebbe una risposta forte in modo che molte persone, qualora lo volessero, scelgano di restare nelle loro terre natie. Noi, come Comunità Papa Giovanni XXIII, abbiamo aperto in diverse nazioni dell’Africa e dell’America Latina delle gelaterie che danno lavoro a tanti giovani e sono così felici di rimanere nel loro paese, di avere un lavoro dignitoso e di poter aiutare la loro famiglia. Ma c’è anche chi sceglie o chi è costretto a migrare.
Lo stato di emergenza deve spingere a gridare forte, per quanto riguarda l’Italia, verso l’Europa, affinché venga messa in campo un’azione comune di accoglienza, di aprire corridoi umanitari. Non possiamo più assistere a questi viaggi della speranza. La spesa sostenuta per i soccorsi, che ovviamente e giustamente devono essere fatti tempestivamente, è enorme. Questa spesa va fatta preventivamente per far arrivare queste persone in sicurezza con i corridoi umanitari. Inoltre, ci deve essere una programmazione sul lavoro: in Italia mancano circa 200 mila lavoratori, sia nel comparto agricolo sia in quello industriale. Accogliere più migranti e inserirli nel mondo del lavoro potrebbe essere una possibile soluzione.
L’Unione europea sembra essere sempre più in difficoltà nell’individuare una stratgia comune per affrontare l’emergenza dei flussi migratori perché non ha seguito le orme dei fondatori che cercavano un bene comune, ma ogni Paese è diventato un po’ sovranista, pensa solo al proprio Pil. Ci sono Stati che sì accolgono migranti, ma fanno un’accurata cernita prima di aprire i loro confini. Questa è una prospettiva che non porta da nessuna parte.