E ora fermiamo il cliente

Prostituirsi non è mai un atto totalmente libero. E’ questa la motivazione con cui la Corte costituzionale ha confermato il favoreggiamento della prostituzione stabilito dalla legge Merlin.

Già nell’Egitto dei faraoni le schiave del sesso erano le prigioniere di guerra. E ancora oggi un aspetto particolarmente ripugnante del mercimonio coatto è l’ipocrisia di descrivere il fenomeno come un “male minore” per la società; quasi si trattasse di una valvola di sfogo – indirizzato verso le donne più fragili e vulnerabili – quasi per voler stemperare il tasso collettivo di aggressività ed evitare danni peggiori al bene comune e comunque sempre mettendosi, spudoratamente dalla parte di chi vuole sfogare i propri istinti maschili, più che schierarsi nel difendere le giovanissime donne trafficate. Eppure questi maschi che ogni notte incontro sulle strade della prostituzione coatta, sono, per la maggior parte dei casi, papà e nonni spietati perché ben consapevoli di comprare il corpo di una schiava. Chiedo alle tante donne, a partire dalle parlamentari, di scegliere le vie per promuovere la liberazione delle schiave senza temere i rischi di strumentalizzazioni partitiche. E mi rivolgo anche a tutti i genitori che hanno figlie adolescenti in casa. Guardatele negli occhi e immaginatevele per le strade o nei locali in balia delle pulsioni peggiori di chi vuole farne una macchina per il proprio tornaconto monetario.

La tratta di esseri umani e lo sfruttamento sessuale hanno come cause profonde la diseguaglianza tra uomini e donne e la povertà, aggravate dalle disparità etniche e da altre ingiustizie come i conflitti armati. Malgrado ciò, in oltre un secolo e mezzo di storia unitaria, l’Italia non ha mai avuto una legge che, sull’esperienza di altre legislazioni europee, punisca direttamente il cliente dello sfruttamento sessuale, per togliere così alle organizzazioni criminali la fonte di guadagno e per combattere lo sfruttamento di persone vulnerabili. Oggi, in Italia, la prostituzione non è un reato, lo sono però il favoreggiamento, il suo sfruttamento e quindi istigare qualcuno a prostituirsi. Già nel 1949 la Convenzione internazionale contro la tratta aveva stabilito che la “prostituzione e il male che l’accompagna, vale a dire la tratta degli esseri umani ai fini della prostituzione, sono incompatibili con la dignità ed il valore della persona umana”. 

In Italia, la legge del 1958, ridusse notevolmente questo sfruttamento che, però, è riemerso a partire dagli anni ’90 con lo sviluppo dei flussi immigratori assumendo connotati ancora più terribili perché le vittime sono completamente alla mercé di trafficanti e sfruttatori.

E' arrivato il momento di effettuare un pressing senza più tregua, contro i trafficanti e gli sfruttatori di donne, inasprendo notevolmente le pene; è ora di fare un salto di qualità: bisogna fermare la domanda.

Ciò, gradualmente, porterà anche a un cambiamento culturale e di mentalità a favore delle nuove generazioni che avranno la possibilità di comprendere che le relazioni più intime non si acquistano ma, casomai, si possono solo conquistare con un confronto alla pari.

L’urgenza oggi è data da oltre centomila donne sulle strade. Don Oreste Benzi fondatore dell’Associazione Giovanni XXIII ci ha insegnato a non tacere dinanzi a quelle che, di fatto, sono delle ingiustizie insopportabili. Sì, perché vedere una quindicenne o una ventenne su un marciapiede, calpestata, violentata ogni notte, comprata, usata e gettata peggio di una cosa è sconvolgente.

Eppure abbiamo personalità di diverse e alte categorie sociali che vorrebbero risolvere il tutto legalizzando la prostituzione. A qualcuno farebbe comodo per alzare il Pil, come proposero precedenti governanti, ad altri piacerebbe investire su queste ragazzine realizzando, per conto dello Stato, i propri turpi guadagni.

Una vergogna che grida al Cielo la propria disumanità!