Coronavirus, i conti rischiano di non tornare…

La cifra che fa impressione è quella dei 25 miliardi di euro messi sul tavolo dal Governo per affrontare le emergenze derivanti dalla pandemia di Coronavirus. Quei fondi servono non solo alle maggiori, e rilevanti, spese sanitarie, ma anche a sostenere una economia che si sta fermando e che probabilmente segnerà, come prevede il ministro dell’Economia Gualtieri, un arretramento significativo.

Ma se è la dimensione della manovra che ci colpisce, è il contesto che deve farci ragionare: il governo italiano, in nome della situazione straordinaria che si è creata, ha chiesto e ottenuto dall’Europa di andare ben oltre il livello del rapporto deficit-Pil che era stato concordato al momento dell’ultima legge di Bilancio. Con ogni probabilità segneremo da subito il 2,9% ma, in rapida scansione, oltrepasseremo la soglia “magica” e (stupidamente) intoccabile del 3%, forse fino al 3,3. Insomma, una manovra pari ad un punto abbondante di Pil.

E’ vero che i trattati già prevedono una maggiore flessibilità in caso di emergenze ma come si fa a non ripensare alla reazione europea solo due anni fa quando il governo giallo-verde provò ad ottenere un timido 2,4% di maggior deficit? All’epoca la Commissione convocò bruscamente il ministro Tria e impose una manovra di Bilancio, quasi dettandola, al 2,04% frustrando le ambizioni di quel governo assai polemico con la politica dell’austerità e del rigore sui conti pubblici. Oggi sfondiamo il 3. E allora la domanda è: quando – come prevede l’Oms – la pandemia da Coronavirus si svilupperà in tutta Europa allo stesso ritmo che sta devastando da settimane l’Italia, e ci saranno rilevanti conseguenze economiche tra tutti gli altri partner, e soffriranno aziende, export, occupazione, gettito fiscale dell’intera Unione, sarà ancora possibile mantenere le rigide regole del Fiscal Compact? O non si farà leva invece sul precedente delle ampie concessioni fatte all’Italia per ottenere, tutti insieme, una sospensione del rigore – che già questa Commissione aveva cominciato a ridiscutere, sia pure con molta cautela, di fronte ai rischi di recessione mondiale? Non è escluso – c’è chi lo propone apertamente come il premio Nobel per l’economia Stiglitz – che si arrivi drammaticamente alla sospensione del Fiscal Compact per far fronte ad un momento eccezionale. Già ieri nei vari incontri il presidente della Bce Lagarde ha ammonito che il Coronavirus potrebbe causare una crisi peggiore del 2008, e chissà se la nuova responsabile della banca di Francoforte, alla sua prima crisi, farà riemergere la sua vecchia simpatia per lo strumento degli eurobond, a suo tempo proposti da Tremonti e da Prodi e sprezzantemente scartati dai tedeschi e dalla loro corte di “falchi del Nord”?

In ogni caso, Conte e Gualtieri, con il determinante aiuto di Paolo Gentiloni e David Sassoli, hanno ottenuto da Bruxelles quel che volevano, e quel che serviva all’Italia per evitare il precipizio. Un successo che l’opposizione – che chiedeva 50 miliardi quando a palazzo Chigi ne stanziavano appena 3 – non può che apprezzare anche se, di per sé, le toglie alcune efficaci armi polemiche nei confronti della maggioranza giallo-rossa.