La condizione indispensabile per seguire Cristo

Chiedere una ricompensa a Dio come fanno Giacomo e Giovanni nel Vangelo di questa domenica è l’atteggiamento dell’uomo che non lo ha conosciuto davvero, che non ha compreso che poter seguire Cristo non solo è già un grande dono di Grazia ma ha anche una ricompensa molto più grande di qualsiasi cosa noi possiamo immaginare o chiedere.

Con l’incarnazione e la passione Gesù ci ha mostrato la condizione indispensabile per seguirlo: l’umiltà. Cristo per amore a noi si è fatto debole e povero, come ogni uomo, anzi come l’uomo più debole e fragile, perché nessuno fosse escluso dalla Salvezza. E noi che tante volte abbiamo pensato che essere cristiani vuol dire fare un cammino di perfezionamento? Di costruirci un’immagine di “brave e buone persone”?

Spesso abbandoniamo questa illusione quando nella nostra vita si presenta la Croce, qualcosa che ci mette nella verità, che ci svela il castello di sabbia su cui stavamo costruendo la nostra fede. Pensavamo di credere tanto, che le nostre preghiere e il nostro fervore fossero autentici; ma è bastata una sofferenza, una difficoltà, un problema serio e tutto questo si è rivelato inutile, “Si è sciolto come neve al sole”.

Come i discepoli anche noi, in buona fede, stavamo solo cercando di “costruire noi stessi”, mentre il nostro cuore era altrove. Nei momenti di difficoltà ci accorgiamo di questa verità: me è questa l’occasione in cui possiamo incontrare veramente Cristo perché è solo con lo Spirito che Lui ci dona che potremo entrare nella storia che non ci piace, nella Croce: solo lì possiamo scoprire che abbiamo un Padre che non ci lascia mai soli. In una parola, finalmente lo avremo conosciuto. Attraverso questa esperienza riceviamo in dono l’umiltà, la scoperta che se Cristo non ci aiuta noi siamo capaci solo di scappare, di rinnegarlo, proprio come faranno gli apostoli dinanzi alla Passione.

San Beda il Venerabile, monaco ed esegeta del VII secolo, commentando questo Vangelo, avverte chebere il calice” vuol dire vivere il “martirio”, che non è soltanto quello del sangue, ma anche il “martirio quotidiano”, cioè accettare la storia che Dio ci dona e con il Suo Spirito “dove poter anche mostrare la carità verso i fratelli, specialmente verso i nemici e quelli che ci fanno del male”.

Il Santo monaco così avverte che i cristiani non hanno bisogno di chiedere premi, ma la Grazia di portare la propria croce con “umiltà pazienza e gioia, perché in questo si realizza la sequela del Maestro. È in questo che si potrà ricevere la più grande ricompensa: essere uniti a Lui, gustare la Sua Pace che supera ogni gioia e ricevere di poter entrare con Lui nella Risurrezione.