Il “colpo di scena” italiano e le riforme necessarie

In un lasso di tempo brevissimo, il sistema politico è stato rivoltato come un calzino. Cambiati i protagonisti, cambiato linguaggio, propositi, alleanze.

L’Italia ha sempre riservato agli osservatori stranieri grandi colpi di scena, ma bisogna ammettere che gli accadimenti ultimi non sono passati inosservati. È cambiato il Presidente del consiglio e la struttura di governo con componenti partitiche a dir poco in perenne contrapposizione tra loro; il PD e Movimento 5 stelle hanno cambiato i vertici senza congressi con una velocità mai registrata in passato. La Lega e M5 stelle si sono dichiarati europeisti, rigoristi in economia, atlantisti.

Qualche commentatore ha avuto modo di sottolineare che questa duttilità delle forze politiche è da attribuire ad un sistema politico tutto sommato solido, ma penso che a ben vedere la realtà dimostra proprio il contrario: i rapporti con i cittadini non sono idilliaci, i rapporti con le loro rappresentanze sono labili, il credito del sistema maggioritario che è la loro principale fonte di potere come rendita di posizione, ormai in decomposizione.

La ragione di questo stato risiede fondamentalmente nel fatto che il maggioritario nella sostanza ha allontanato dalle urne la metà dei cittadini italiani, che non hanno potuto esprimere il proprio voto per soggetti compatibili con le loro culture; la impossibilità di scegliere direttamente i propri rappresentanti in parlamento, che negli ultimi anni hanno dato di loro performance non degne del loro ruolo.

Va ricordato che il sistema elettorale maggioritario e rimozione delle preferenze, sono stati propagandati nel corso della cosiddetta Seconda Repubblica per ridurre i partiti, assicurare governabilità, per sottrarre al clientelismo ed alla criminalità organizzata il controllo dei voti.

Ma a conti fatti, il numero dei partiti è molto più alto che nella prima repubblica, la stabilità dei governi più o meno è rimasta identica se non peggiorata, il controllo dei voti dei criminali in alcune aree è ancora più pesante, talvolta in combutta con i maggiorenti delle formazioni politiche come risulta dalle indagini e condanne giudiziarie.

Ma oltre a questi aspetti negativi, se ne sono aggiunti altri gravi come il fenomeno sconcertante dei transfughi che vagano da un partito all’altro che oramai in questa legislatura ha coinvolto più di un terzo dei parlamentari. L’abbandono del proporzionale e delle preferenze, ha stravolto il senso del ruolo costituzionale delle associazioni politiche, incapaci ormai di provocare partecipazione nelle attività politiche e partecipazione al voto dei cittadini a causa della loro sbiadita filosofia di appartenenza, piegate alla necessità delle liste maggioritarie.

La stessa rappresentanza in parlamento, sequestrata dalla ferrea scelta dei candidati dai capi dei partiti, ha annullato la rappresentanza territoriale, ha nettamente abbassato la qualità degli eletti, ha provocato un sistema che sostanzialmente spinge alla deresponzabilizzazione del mandato parlamentare ed ha pressoché annullato il rapporto con l’elettore. Ha inoltre favorito il leaderismo non da consenso ma da baratto nei partiti.

Per queste ragioni, peraltro aggravate dalla riduzione dei parlamentari che restringerà ulteriormente la rappresentanza territoriale, occorre rivedere la legge elettorale in senso proporzionale e con la scelta diretta da parte del cittadino del proprio parlamentare.

Si è notata la sottolineatura in una sua dichiarazione del neo segretario Pd Letta a favore del maggioritario, dopo che il suo predecessore aveva acconsentito alla riduzione dei parlamentari proposta dal movimento 5 stelle, alla sola condizione che venisse ripristinato il proporzionale. Se quella decisione venisse annullata, la nostra rappresentanza parlamentare per i territori verrebbe ridotta pesantemente, verrebbero eletti dalla metà dei cittadini, verrebbero espressi dai capi nazionali dei partiti. Un vero colpo al senso costituzionale che affida ai partiti il compito di organizzare la partecipazione alla politica dei cittadini, al Parlamento di essere autentico luogo di rappresentare la volontà popolare.