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In missione di pace: la “via del bene” nella Chiesa ospedale da campo

Logo Interris - Il messaggio del Papa per la 54esima Giornata Mondiale della Pace

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Dall’Ucraina a Gaza: la pace al centro della missione della Chiesa ospedale da campo. Nel pontificato di Jorge Mario Bergoglio c’è una priorità. E cioè rinnovare la scelta missionaria per “arrivare a tutti con il balsamo della misericordia”. Specialmente a chi “si sente lontano e ai più deboli”. Il Pontefice lo ha raccomandato ai partecipanti al Convegno delle presidenze diocesane di Azione Cattolica. L’invito papale è di lavorare per un rinnovato slancio apostolico. Animato dalla forte passione per la vita della gente. Per contribuire così alla trasformazione della società e orientarla sulla via del bene. A partire dallo stop ad ogni abisso bellico. “Mai la guerra ha dato sollievo alla vita degli esseri umani. Mai ha saputo guidare il loro cammino nella storia. Né è riuscita a risolvere conflitti e contrapposizioni emersi nel loro agire- afferma Francesco-.Gli effetti della guerra sono le vittime. Le distruzioni. La perdita di umanità. L’intolleranza. Fino alla negazione della possibilità di guardare al domani con rinnovata fiducia“.Secondo il Papa, invece, la pace, quale concreto obiettivo, resta nell’animo e nelle aspirazioni dell’intera famiglia umana. Di ogni popolo. E di ogni persona. “È questo l’insegnamento che ancora oggi possiamo trarre dal messaggio che San Giovanni XXIII ha voluto lanciare al mondo con l’enciclica Pacem in Terris – sottolinea il Pontefice. Un messaggio positivo e costruttivo. Che ricorda come edificare la pace significhi, anzitutto, l’impegno a strutturare una politica ispirata a valori autenticamente umani”. Quelli cioè riassunti dall’enciclica “nella verità, nella giustizia, nell’amore e nella libertà“. Eppure, trascorsi sessant’anni, l’umanità non sembra aver fatto tesoro di quanto la pace sia necessaria. Di quanto bene essa è portatrice. Uno “sguardo al nostro quotidiano“, avverte Francesco, mostra come ad indurre in errore sia “l’egoismo di pochi”. Unitamente agli “interessi sempre più limitati di alcuni”. Sbagliato, infatti, “pensare di poter trovare nelle armi la soluzione a tanti problemi o a nuove esigenze“. Come pure a quei conflitti che emergono nella realtà della vita delle nazioni. Da qui l’urgenza di una geopolitica della misericordia.Il presidente emerito della Corte Costituzionale, Giovanni Maria Flick è intervenuto alla fondazione “Centesimus annus”. Evidenziando che nell’origine ebraica di ciò che oggi traduciamo con misericordia, l’Antico Testamento usa l’espressione “rehamim”. Che propriamente designa le “viscere” (al singolare, in senso materno, ventre). Della misericordia iniziale, Dio conserva memoria per gli uomini. A condizione che gli uomini siano fervidi nella speranza di riceverla, fino all’insistenza. Fin quasi all’insolenza. Per Francesco l’obiettivo della predicazione è sollecitare la Chiesa a calarsi nella realtà. “La teologia non può prescindere da un tempo e da uno spazio preciso che è il mondo reale. Dio, infatti, non parla in astratto, ma alle persone concrete che vivono in una data epoca“, sottolinea il cardinale Pietro Parolin. Alla Facoltà teologica del Triveneto il segretario di Stato vaticano ha rilanciato il richiamo di Francesco a una teologia incarnata. Un approccio in grado di mettere i teologi a confronto con il mondo contemporaneo. E con i suoi problemi quali le “nuove migrazioni“. Di fronte alle quali occorre “farsi portatori di istanze etiche capaci di trasformarsi in azioni politiche necessariamente condivise“. Una condivisione, osserva il cardinale Parolin, che “va oltre gli stessi legami europei”. Trattandosi di una realtà le cui cause “sono determinate da una comunità internazionale in cui i responsabili, Stati e istituzioni intergovernative, sono preoccupati di garantire equilibri sempre più precari. Piuttosto che puntare a una stabilità e costruire situazioni pacifiche”. Insomma Jorge Mario Bergoglio mette al centro la necessità del dialogo in un mondo aperto. Secondo il cardinale Parolin, il mondo che Francesco descrive e interpreta è un mondo aperto. Dove in principio non esistono situazioni o abitudini precostituite. Ma è un mondo di relazioni e di dialogo. Due aspetti che sono per lui una regola di vita. E infatti fin dalla prima intervista concessa da Francesco alla carta stampata nel settembre 2013 sono emerse proprio queste linee-guida. Le coordinate del “pontificato della misericordia”. La misericordia è il sentimento di compassione per l’infelicità altrui, che spinge ad agire per alleviarla. Misericordioso è lo sguardo del papa figlio di migranti sull’umanità ferita del terzo millennio. “Senza la misericordia la nostra teologia, il nostro diritto, la nostra pastorale corrono il rischio di franare nella meschinità burocratica o nell’ideologia“, scrive Francesco in una lettera all’arcivescovo di Buenos Aires Mario Poli. Opera di misericordia nella morale cristiana è un’opera in cui si esercita la virtù della misericordia. E, con significato più generico, è un atto di bontà, di carità verso chi
soffre. “Dio perdona tante cose, per un’opera di misericordia”, scrive Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi. Con il Giubileo, Francesco vuole accompagnare e accogliere l’uomo concreto con le sue ferite e contraddizioni e non farne un’astrazione. Il cardinale teologo Walter Kasper è presidente emerito del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani. E indica nella misericordia il senso ultimo della predicazione di Francesco. Per il quale riflettere teologicamente sulla misericordia induce a porsi le questioni fondamentali della dottrina su Dio. Insomma, la Misericordia Divina costituisce il nucleo e la somma della rivelazione biblica su Dio. In un colloqui con padre Antonio Spadaro, Jorge Mario Bergoglio chiarisce che la Chiesa è misericordia. Prima dei princìpi, insomma, viene il kerygma, l’annuncio che il Vangelo è amore, accoglienza verso tutti. L’immagine di Chiesa che Francesco preferisce è quella espressa dal Concilio Vaticano II nella Lumen Gentium. Ossia “del santo popolo fedele di Dio. Sentire cum Ecclesia per me è essere in questo popolo. E l’insieme dei fedeli è infallibile nel credere. E manifesta questa sua infallibilitas in credendo mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il popolo che cammina“. Non bisogna pensare, insegna Francesco, che la comprensione del “sentire con la Chiesa” sia legata solamente al sentire con la sua parte gerarchica. Riguarda tutta la Chiesa, popol e pastori. Una Chiesa che Francesco non riduce a “una piccola cappella che può contenere solo un gruppetto di persone selezionate. Non dobbiamo ridurre il seno della Chiesa universale a un nido protettore della nostra mediocrità”. Il papa sogna una Chiesa Madre e Pastora. In continua missione di pace contro la terza guerra mondiale a pezzi. Ospedale da campo al servizio delle periferie geografiche ed esistenziali.

Giacomo Galeazzi: