Chi sono i poveri di cui parla Gesù

Quando Gesù ha detto: “beati voi poveri” a chi si riferiva? Così pure quando dice: “Sono venuto per annunziare ai poveri il lieto messaggio” cosa intendeva? Cristo si riferisce a coloro che hanno un animo da poveri; a coloro che erano gli ultimi opposti ai primi; a quelli che erano piccoli, opposti ai grandi. Faceva riferimento a coloro che erano senza diritti, opposti ai superbi. Coloro cioè che sentivano talmente di non valere niente da chiedere scusa di esistere.

Gesù considera la povertà effettiva, specialmente nei suoi discepoli; egli stesso dà esempio di povertà e si identifica con i piccoli. Aveva davanti a sé gente che pativa la fame e la sete: i barboni, i carcerati, i martiri, gli indifesi, gli oppressi, i ciechi, gli accattoni.

I poveri sono l’effetto dell’ingiustizia distributiva. Il sistema sociale mondiale è fondato su principi ingiusti, per cui i poveri ci saranno sempre. I cristiani avranno come segno distintivo l’accoglienza di queste persone.

Qual è il modo di fare dei cristiani con gli indigenti di oggi? Sono troppo attestati sull’assistenza, bisogna passare alla condivisione. La povertà sta alla pari con l’infanzia spirituale per entrare nel Regno dei Cieli. Il due aspetti sono collegati. L’ho constatato vivendo con i poveri e anche con i nomadi Rom. Queste persone non hanno proprietà su cui fondare la propria sicurezza, non godono di nessuna stima, non hanno forza di contrattazione. Anche se hanno roulotte o camper non possono sostare: non hanno nessuno che li possa tutelare. Il loro fidarsi di Dio, il loro abbandonarsi a lui, è l’atteggiamento e il modo di affrontare la vita nella loro drammatica situazione.

Il ricco se non cambia atteggiamento da padrone in quello di amministratore, non manterrà la condotta dell’infanzia spirituale. E quest’ultima è il modo di essere più maturo dell’essere umano. Consiste nell’abbandono in Dio che ci ama e nel disegno del Suo amore. Disegno che ha come dono, ogni istante, la felicità di ognuno di noi. Ognuno, in Dio, è un “noi”. La nostra felicità non può essere disgiunta da quella degli altri.

Tratto da “Gesù è una cosa seria”, ed. Mondadori