Editoriale

I cardini essenziali riconosciuti dalla vita repubblicana

L’appuntamento politico annuale per definire le direttive della spesa pubblica, per taluni è sempre uguale a sé stessa riguardo lo spirito che dovrebbe animare la maggioranza di governo, quello della opposizione, quello delle stesse forze sociali. La spinta irresistibile della rigida volontà di attuare le proposte rassegnate agli elettori in campagna elettorale e comunque ad assommare l’insieme di ogni parola d’ordine consolidata nella loro attività elettorale. Si dirà che questo è il modo di interpretare la democrazia liberale, ma a ben vedere, le radici culturali e storiche di interpretare in questo modo radicale il proprio ruolo politico di rappresentanza, lo si deve alla presenza di una consistente presenza di forze antisistema per tutto il lungo periodo della prima Repubblica.

I cascami di queste culture politiche sono ancora vivi dentro gli attuali partiti populisti che sostanzialmente dominano la destra e la sinistra in questa tormentata seconda repubblica. E’ normale che in questi frangenti le forze di maggioranza abbiano un orizzonte di riferimento diverso da chi è minoranza, ma dopo la campagna elettorale, chi ha il compito costituzionale gestire gli affari di governo, e chi ha il compito di esercitare il compito costituzionale della opposizione, dovranno essere accomunati dal proposito assai fondamentale per la Repubblica: la salvaguardia dell’interesse nazionale. E allora bisogna rendere le legittime aspirazioni di attuare i propri programmi, in una democrazia liberale, compatibili con l’interesse nazionale rappresentato dai cardini più sensibili riconosciuti storicamente della vita repubblicana: l’unita nazionale; l’indipendenza nel quadro di relazioni ed alleanze compatibili con la cultura democratica e dei diritti umani; l’equilibrio finanziario tra entrate e spesa pubblica; lo sviluppo economico quale presupposto per il benessere sociale.

Per il mantenimento di questo quadro che definirei sacro, le azioni di governo dovranno essere sempre aperte ed anche per necessità flettersi. Quando ad esempio sentiamo dire che la vittoria politica legittima a decidere quello che si vuole, senza misurare l’impatto con la spesa pubblica, viene calpestato l’interesse nazionale come ormai accade sovente da molto tempo. Ma la stessa opposizione esalta la sua funzione quando piu che aggiungere rivendicazioni ad altre rivendicazioni, con rigore e carte alla mano, dimostra la infondatezza economica di una scelta. In questo senso, bene fanno il presidente Meloni e una parte dell’opposizione a dialogare civilmente e proficuamente; lo stanno facendo nell’usualità delle democrazie mature. Questi confronti alla luce del sole sono benefici per il paese a ragione della ricerca del bene comune sostenuti da valutazioni puntuali su singoli argomenti corredati da prospettazioni economiche e incidenze di bilancio, pur svolgendosi nell’ambito delle loro rispettive autonomie, pur restando liberi nello svolgimento del loro compito istituzionale.

Ma in questo caso, a nessuno potrà sfuggire taluni aspetti che sinora hanno reso il campo della politica la babele che conosciamo. Verranno spiazzati i populisti che come si sa pensano ed agiscono a ruota libera senza mai prendersi responsabilità, ma anche taluni governanti che si approfittano della loro forza di ricatto interna alla coalizione per perseguire interessi corporativi. Ed infatti il bipopulismo italiano parla di tutto e del suo contrario come se nulla fosse, e non rispondendo ad alcuno. Urlano perché non si stanziano miliardi per ogni esigenza purtroppo urgente, anche se si è costretti a spendere a debito la metà della manovra di bilancio statale, per aiutare famiglie ed imprese e soccorrerli dalla devastazione dei costi dell’energia provocata nel tempo proprio dalla loro irresponsabilità che nel tempo li ha opposti a tutto quello che ci avrebbe garantito la sicurezza energetica. Tanto sono svincolati dalla responsabilità che persino in questi frangenti drammatici, continuano imperterriti a chiedere azioni per le urgenze sociali, ma poi le negano distruggendo ogni presupposto per garantirli.

Raffaele Bonanni

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