Appello ai cristiani di ogni partito

Nel 45esimo anniversario della conferenza di Helsinki ( caposaldo della pacificazione europea ) è utile ricordare l’assunto del grande diplomatico vaticano, il cardinale Agostino Casaroli: “Chi è sicuro della propria identità non ha timore di dialogare con nessuno”.

La tentazione di dividersi onori e patenti di cattolicità risale addirittura alle pagine del Vangelo, nelle quali vengono descritti gli Apostoli indaffarati a stabilire le posizioni di rilievo nel Regno ancora di là da venire. Il rischio, anche nei contesti religiosi, rimane da millenni quello di alimentare la divisione piuttosto che favorire l’unità di intenti.

Il giovane vescovo polacco Karol Woytjla riuscì a evitare l’esproprio del seminario diocesano di Cracovia, andando personalmente a discutere con la dittatura. Ottenne così la suddivisione del palazzo tra aule per la formazione teologica e altre destinate alla scuola di partito della tirannia.

Il “martirio della pazienza” include la capacità di negoziare spazi di libertà possibile, senza mai negare ( come extrema ratio ) l’effusione del proprio sangue sul modello di padre Massimiliano Kolbe. In questi difficilissimi tempi di “pestilenza e carestia”, umanamente e socialmente dolorosi, la virtù cristiana della prudenza deve indurci alla sana e costruttiva trattativa, a tutela dei valori per noi cristiani irrinunciabili: vita, salvaguardia familiare, libertà educativa e di opinione, ordine sociale solidale ed equo.

Perciò risultano particolarmente anti-funzionali gli atteggiamenti e le condotte degli “odiatori seriali”, sempre pronti a crocifiggere il prossimo a esclusivo e cieco tornaconto della loro parte. Ora che le massime cariche istituzionali e religiose invocano condotte responsabili nei confronti degli impegni europei, la cristianità è tenuta a dare esempio di unità e lungimiranza come nell’epoca paradigmatica del dopo guerra. Allora i cristiani furono esempio di concretezza e buon senso, mettendo da parte le fratture interne perché il bene comune doveva prevalere sugli individualismi, le ambizioni personali e le logiche da conventicola.

Da qui, adesso, l’auspicio che i credenti presenti in ogni schieramento politico guardino al modello altissimo di Alcide De Gasperi per trovare una piattaforma comune di emergenze e interventi dove far confluire le energie migliori del Paese. Basterebbero cinque punti attorno ai quali convogliare potenzialità economiche e morali con l’esclusivo obiettivo del rilancio complessivo della nazione. Ci è chiaro che questo è anche il momento della legittima competizione nelle aule parlamentari e nell’urna, ma non sia un alibi per accantonare l’interesse generale.

Puntare l’indice contro l’avversario, delegittimarlo o demonizzarlo non sono comportamenti pragmatici ed eticamente ammissibili in una fase così drammatica della nostra vita pubblica. Già agli albori della civiltà cristiana i dottori della legge, i farisei, i sommi sacerdoti si stracciavano le vesti e condannavano Gesù per la Sua disponibilità al confronto con tutti.

Gli addebitavano di entrare nelle case dei pubblicani e di intrattenersi con peccatori e “impuri”. Il Redento non guardò il dito ma la luna, facendo prevalere la sostanza sulla forma. Sarebbe demoniaco, proprio noi Suoi discepoli, continuare a fornire una pessima contro-testimonianza, anteponendo il sabato all’uomo. Ricordiamocene quando scambiamo l’obolo della vedova ( cioè il denaro pubblico ) per una diligenza da saccheggiare. Il Recovery Fund può essere un piano Marshall o un Paese dei balocchi. Dipenderà da tutti noi.