Un’alleanza educativa fra famiglie, scuole, istituzioni e Chiesa

In una società mercantile, nella quale molte app dei dispositivi digitali non sono al servizio disinteressato della crescita integrale delle persone, ma in funzione del guadagno di alcuni mercenari, è importante che ci siano tanti seguaci di Gesù che si pongono al servizio della piena realizzazione delle persone. 

I social network sono molto di più che meri “strumenti” e acquistano il valore di fattori costitutivi dell’ambiente vitale delle persone. Papa Francesco, in un suo messaggio per la 50° Giornata Mondiale per le Comunicazioni Sociali, ha ricordato come “L’ambiente digitale è un luogo d’incontro, dove si può accarezzare o ferire”. Porre l’educazione consapevole e critica al loro uso non ostile ma amicale è tra gli obiettivi fondamentali dei vari educatori. 

Il progressivo aumento di situazioni di disagio, di aggressività verso le persone anche attraverso i social, sintomo di un diffuso analfabetismo etico, fa emergere la necessità di ricorrere al vaccino dell’educazione ai valori morali delle nuove generazioni. È necessario far emergere nell’opera educativa la dignità e la centralità di ogni persona umana, l’importanza del suo agire in libertà e responsabilità, il suo vivere nella solidarietà e nella legalità.

Lo scopo dell’educazione è schiudere orizzonti, raccogliere le sfide e accendere la passione per la causa di Dio tra gli uomini, che è la causa della verità, della giustizia e dell’amore. 

Chi educa non deve creare dipendenze, ma suscitare cammini di libertà, in cui ciascuno viva la propria avventura al servizio della luce che gli ha illuminato il cuore. 

Il compito educativo è affidato alla collaborazione di tutti, ma in modo particolare alla famiglia, alla scuola, alla comunità ecclesiale, alle associazioni giovanili, ai mezzi di comunicazione sociale, alle varie istituzioni pubbliche. E’ necessario un lavoro lungo, lento, capillare, volto a educare più che a reprimere, a far capire, più che a promettere premi o minacciare castighi. Per educare bisogna essere convincenti da parte degli adulti, accompagnando le parole con la testimonianza di esempi efficaci, che facciano sentire il fascino e la bellezza della vita  buona del Vangelo. 

L’icona biblica del cammino di Gesù con i discepoli di Emmaus ci consente una definizione sintetica dell’azione educativa: educare è farsi compagni di cammino per accompagnare l’altro dalla tristezza del non senso alla gioia della vita piena di significato, introducendolo nel tesoro del proprio cuore e del cuore della Chiesa, rendendolo partecipe di esso per la forza diffusiva dell’amore. 

Mai quanto in tempo di pandemia c’è bisogno di una pastorale organica sul tema dell’educazione. Un tema trasversale che richiede una alleanza educativa fra famiglie, scuole, istituzioni e Chiesa in tutte le sue articolazioni pastorali.

Papa Francesco ci propone la figura di San Giuseppe con un cuore di padre, capace di dare e generare vita nella quotidianità.  Il Signore desidera plasmare cuori di padri, cuori di madri: cuori aperti, capaci di grandi slanci, generosi nel donarsi, compassionevoli nel consolare le angosce e saldi per rafforzare le speranze. 

San Giuseppe ci suggerisce tre parole-chiave per la vocazione di ciascuno che si possono applicare a tutti soggetti del processo educativo. La prima è sogno. Tutti nella vita sognano di realizzarsi attraverso l’amore. La seconda è servizio. Dai Vangeli emerge come egli visse in tutto per gli altri e mai per sé stesso. Ogni vera vocazione nasce dal dono di sé, che è la maturazione del semplice sacrificio. Anche nel sacerdozio e nella vita consacrata viene chiesto questo tipo di maturità. Lì dove una vocazione, matrimoniale, celibataria o verginale, non giunge alla maturazione del dono di sé fermandosi solo alla logica del sacrificio, allora invece di farsi segno della bellezza e della gioia dell’amore rischia di esprimere infelicità, tristezza e frustrazione». 

La terza parola è cura nel custodire attraverso la fedeltà di ogni giorno. 

Gesù ha offerto la sua vita per noi, per tutti gli uomini, ha accettato la morte in croce  perché noi avessimo la vita. Il gesto di amore di Gesù fa nascere la Chiesa, comunità di coloro che accettano il suo servizio pastorale. L’unità nella fraternità è la salvezza che accogliamo dalla grazia del Signore. E’ la vita vera di figli di Dio che sviluppiamo sulla terra, fino all’unità perfetta nella casa di Dio. 

Noi sappiamo che il Signore chiama tanti uomini a continuare la sua opera, a portare nel mondo i segni del suo amore e della sua salvezza. Ha chiamato gli apostoli, tanti primi discepoli; chiama lungo la storia tanti altri, che siano, per l’umanità, pastori, come Lui e in nome suo. Questi pastori non sono solo i sacerdoti e le persone consacrate, ma anche tutti gli educatori cristiani: genitori, catechisti, insegnanti, animatori pastorali che vogliono imitare Gesù nel dono gratuito di sé, nel servizio disinteressato, nel coltivare relazioni personali, nel cercare fuori dall’ovile le pecore smarrite. 

Ascoltare e seguire la voce di Gesù, lasciandosi attrarre e condurre da Lui e consacrando a Lui la propria vita, significa permettere che lo Spirito Santo ci introduca in questo dinamismo missionario, suscitando in noi il desiderio e il coraggio gioioso di offrire la nostra vita e di spenderla per la causa del Regno di Dio. 

Alla radice di ogni vocazione cristiana c’è una esperienza di fede: credere vuol dire lasciare sé stessi, uscire dalla comodità e rigidità del proprio io per centrare la nostra vita in Gesù Cristo. Tutto ciò ha la sua radice profonda nell’amore.