Rimini ha festeggiato ieri la solennità del suo patrono, San Gaudenzo. Un ciclo di iniziative ha animato la giornata della città romagnola. In mattinata, monsignor Lambiasi ha incontrato nel palazzo vescovile le autorità civili e militari. Nel pomeriggio, invece, il vescovo ha presieduto la cerimonia liturgica nel Tempio Malatestiano alle ore 17 e 30. L'omelia di monsignor Lambiasi si è concentrata sul tema di maggiore attualità del momento, quello dell'accoglienza.
Accogliere con buon senso
Ricordando i numeri delle presenze di migranti sul territorio, il vescovo ha detto: “Di fronte a questa situazione – ha detto monsignor Lambiasi – non possiamo limitarci a risposte prefabbricate ma dobbiamo affrontarla con realismo e intelligenza, con creatività e audacia, e, al tempo stesso, con prudenza, evitando soluzioni semplicistiche”. Partendo da questi presupposti, il vescovo ha tratto delle conclusioni non scontate: “Riconosciamo che esistono dei limiti nell’accoglienza. Al di là di quelli dettati dall’egoismo, dall’individualismo di chi si rinchiude nel proprio benessere, da una economia e da una politica che non riconosce la persona nella sua integralità, esistono limiti imposti da una reale possibilità di offrire condizioni abitative, di lavoro e di vita dignitose“.
Non avere paura
Il vescovo ha ribadito anche la necessità di abbandonare un atteggiamento chiuso verso i nuovi arrivati: “Occorre avere uno sguardo diverso di fronte a coloro che bussano alle nostre porte, che inizia da un linguaggio che non giudica e discrimina. I termini stessi che spesso ancora utilizziamo per parlare di immigrati portano in sé una matrice denigratoria”. “Se noi – ha continuato monsignor Lambiasi – siamo parte di una comunità, essi ne sono esclusi. Incontrare un immigrato a Rimini, in piazza Cavour o nei pressi del Mercato coperto significa fare i conti con la diversità. In questo incontro emerge la paura. Anzi, due paure si ritrovano a confronto: la mia paura e quella che prova lo straniero”. Il vescovo ha concluso la sua omelia, dicendo: “Le paure si possono vincere solo nell’incontro con l’altro e nell’intrecciare una relazione. Si tratta di riconoscere l’altro nella sua singolarità, dignità, valore umano inestimabile, di accettarne la libertà; significa riconoscere la sua peculiarità”.