La scoperta della fede

Sono 45 i catecumeni che questa sera, durante la solenne Veglia Pasquale, riceveranno a Torino i Sacramenti dell’Iniziazione cristiana, cioè Battesimo, Cresima, Eucaristia. Si tratta di 28 donne e 17 uomini, di cui 19 italiani e 26 stranieri. Gli stranieri provengono innanzitutto dall’Albania (9), dalla Nigeria (6) e da altri paesi africani, dal Sudamerica e dalle nazioni dell’Est europeo. Negli ultimi 20 anni sono stati oltre un migliaio gli adulti che al termine di un cammino di conversione e catechesi hanno abbracciato la fede cristiana nella diocesi torinese.

Spicca il numero di italiani che hanno deciso da adulti di diventare cristiani, un dato in controtendenza se si pensa al fenomeno di “allontanamento” dalla fede di tanti cattolici sempre più indifferenti alla chiamata di Dio a vivere con coerenza gli impegni battesimali. Don Andrea Fontana, direttore del Servizio diocesano per il Catecumenato, in una riflessione pubblicata su “La Voce E il Tempo”, fa notare: “Ci si domanda: perché tanti italiani? Perché da giovani/ adulti hanno incontrato persone veramente credenti che li hanno contagiati con la loro fede gioiosa e, spesso, si sono dimostrati desiderosi di vivere un legame affettivo in Cristo attraverso un matrimonio costruito sulla fede condivisa”. Poi continua: “E perché tanti stranieri? A Torino, quasi sempre gli stranieri provengono delle molte comunità etniche presenti sul territorio, accompagnate dai Missionari della Consolata o Salesiani, dalle Suore che gestiscono centri di accoglienza e di sostegno, dall’opera pastorale svolta dal servizio di Migrantes, dal Sermig, dalla Comunità di Sant’Egidio. Le parrocchie non hanno grande attrattiva sugli stranieri, da questo punto di vista, eccezion fatta per alcune”. Questo porta a sollevare un altro problema: il ruolo delle parrocchie nell'evangelizzazione.

“Purtroppo – nota con una punta di amarezza don Andrea – alcuni non 'hanno tempo' o 'ritengono già di sapere come si fa' e rimangono intrappolati negli schemi tradizionali ('fare una bella chiacchierata catechistica') di un’ora alla settimana e tutto finisce lì. In realtà, non riescono – proprio per la loro rigidità mentale e per l’abitudine a un cristianesimo 'organizzativo' – a smuovere sentimenti e convinzioni profonde, facendo venire alla luce le 'nuove creature' che Cristo sta formando attraverso di loro”. Ma non tutto è fosco: “In realtà, là dove, grazie al lavoro svolto insieme (con il Servizio diocesano, con gli accompagnatori, con la parrocchia), scaturiscono storie di rinnovamento del tessuto comunitario, esse coinvolgono anche i 'vecchi cattolici' in esperienze nuove di adesione a Cristo e alla Chiesa. A parte qualche scintilla, a volte dovuta a chi arriva all’ultimo momento e vuole fare di testa sua, le gioie di questo nostro servizio, grazie alla pazienza delle persone dell’équipe diocesana, sono molto più grandi delle sofferenze. Non viene meno in noi l’entusiasmo – conclude don Andrea – che ci ha spinti ad accettare questo mandato dal nostro Arcivescovo per portare avanti l’annuncio del Vangelo, uscendo dalle mura delle nostre chiese per esplorare gli orizzonti, ove Cristo già ci ha preceduto, per trovare i suoi discepoli”.