La ferita tra umano e divino

E'una mostra d'arte ma è soprattutto un invito alla riflessione spirituale tra teologica e pittura. L'esposizione, tra le più attese e importanti nelle Marche, si intitola “La ferita tra umano e divino” ed è curata dagli storici dell' arte Andrea Dall’Asta e Sara Tassi. Resterà aperta dal 30 novembre al 29 febbraio e sabato sarà inaugurata alle 18 a Palazzo Bisaccioni nelal centralissima piazza Colocci a Jesi.

Capolavori in esposizione

In mostra 15 opere di Francesco e Giuliano da Rimini, Nicola di Maestro Antonio, Lorenzo de Carris, Lucio Fontana, Alberto Burri, Maria Lai e Ettore Frani. La Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, in collaborazione con il Museo Diocesano di Jesi, ha scelto per la sua mostra invernale, realizzata con prestiti di importanti istituzioni italiane, il tema della ferita, proponendo un percorso espositivo essenziale e al tempo stesso di forte impatto, coprendo un arco cronologico dall’arte medievale a quella contemporanea. La mostra racconta la ferita di Cristo attraverso alcuni capolavori di arte medievale e rinascimentale: dalla Crocifissione con Vergine Annunciata di Francesco da Rimini alla Crocifissione di Lorenzo de Carris detto il Giuda, dal Volto di Cristo di Giuliano da Rimini al Cristo morto nel sarcofago sorretto da due angeli di Nicola di Maestro Antonio; un percorso in cui la ferita, pur nella sua tragicità, diventa luogo di bellezza artistica, estetica, esistenziale e teologica. Anche nella modernità, in una prospettiva puramente laica, la ferita ha ispirato artisti come Lucio Fontana, dove il taglio nelle diventa l’accesso a un oltre che attende di essere esplorato.

Riformulazione del dolore

Alberto Burri e Maria Lai hanno poi declinato la ferita come oggetto di ricucitura e di ricomposizione, per creare nuove armonie, inedite relazioni, intensi legami concettuali. Nelle opere di Burri povertà dei materiali utilizzati contiene dignità di significato e la scelta della tecnica rappresenta una catartica riformulazione del dolore che lavorato, bruciato, fuso, cucito, assemblato, ri-plasmato dona alla materia una nuova veste. Maria Lai ha concentrato sul gesto del tessere il cuore della sua poetica artistica. Infine, all’artista contemporaneo Ettore Frani è stata commissionata un’opera appositamente creata per l’occasione, interpretata dall’autore attraverso un intenso e drammatico chiaroscuro. La mostra ha l’intento di riflettere sulla finitezza umana come possibile varco verso un oltre, affinché le ferite si trasformino in passaggio che ci apre nella fiducia al mondo, agli altri, all’assoluto.

L'origine dell'istituzione culturale e religiosa

Il primo nucleo del Museo Diocesano ebbe origine a Jesi nel 1966, sotto la sollecitazione del vescovo Giovanni Battista Pardini. L’idea si inseriva nel clima suscitato dal Concilio Vaticano II, in cui prese campo la necessità di costituire strutture museali che raccogliessero quanto più possibile opere d’arte e di artigianato di ispirazione religiosa, perché queste fossero conosciute, valorizzate, conservate, tutelate e laddove possibile restaurate. Inizialmente la sede era stata individuata nella chiesa di San Nicolò in corso Matteotti. L’inadeguatezza di quegli spazi ad accogliere il patrimonio destinato all’esposizione spinse ad orientare la scelta della sede verso alcuni locali dell’ex Palazzo Ripanti nuovo in piazza Federico II, che fino a poco tempo prima aveva ospitato il Seminario Vescovile. La costituzione del Museo venne affidata a mosignor Costantino Urieli, canonico penitenziere della Cattedrale (autore con Sergio Galeazzi e Antonella Perlini della guida ufficiale del Museo diocesano di Jesi) e al professor Edoardo Pierpaoli, direttore della Biblioteca e del Museo Civico di Jesi. L’urgenza di dare vita al Museo Diocesano, caldeggiata e sollecitata dalla Santa Sede, era dettata anche dalla pressante necessità di salvaguardare da furti le molte opere d’arte custodite presso i locali delle parrocchie e degli enti ecclesiastici. Tale iniziativa venne ufficialmente presentata sul settimanale diocesano “Voce della Vallesina” del 12 maggio 1966. Il 13 novembre 1966 venne inaugurato il Museo. Un primo catalogo di tutte le opere esposte venne pubblicato con l’occasione della prima Mostra di Arte Sacra. Negli anni successivi il museo è stato oggetto di vari interventi di ristrutturazione, ampliamento e riallestimento, conclusi nel 1983. In questo anno il numero delle sale espositive è stato portato a nove. L’inaugurazione del Museo Diocesano rinnovato avvenne nel settembre del 1983. Nel 1990 si iniziò a progettare uno spazio espositivo destinato al nucleo di opere d’arte contemporanea di proprietà del Museo. Ancora oggi la sezione contemporanea è parte integrante del percorso espositivo. Il Museo Diocesano di Jesi è socio dell’Associazione Musei Ecclesiastici Italiani (AMEI) e iscritto su BeWeB – Beni ecclesiastici in web, la vetrina che rende visibile il lavoro di censimento sistematico del patrimonio storico e artistico, architettonico, archivistico e librario portato avanti dalle diocesi italiane e dagli istituti culturali ecclesiastici sui beni di loro proprietà. La sede è in Piazza Federico II.E lo staff del Museo è a disposizione per organizzare visite guidate tematiche o all’intera collezione, anche al di fuori dell’orario di apertura ordinaria.

Visitatori protagonisti

“Siamo sempre più consapevoli che l’apertura di un museo al territorio passi attraverso il rendere protagonisti attivi i visitatori di tutte le età, turisti e cittadini- spiega a In Terris il direttore del Museo, Randoldo Frattesi-. Ogni anno, a ottobre aderiamo alla Giornata Nazionale delle Famiglie al Museo, organizzata dall’omonimo progetto “FAMu”, proponendo attività attinenti a un tema condiviso, diverso per ogni edizione. Il nostro Museo, tuttavia, dedica molta attenzione alle famiglie che vengono a visitarlo durante tutto l’anno”. In orario d’apertura, infatti, mette sempre a disposizione strumenti come il Giocablocco e il fumetto Furto a Palazzo Ripanti, per rendere ogni visita un’occasione per scoprire curiosità, giocando e divertendosi in famiglia. “Un piccolo opuscolo, disponibile presso il museo, raccoglie gli appuntamenti annuali e le attività che rivolgiamo a questa utenza che ci sta particolarmente a cuore- sottolinea il professor Frattesi-. Si tratta di laboratori e giochi che permettono sia di festeggiare ricorrenze, sia di fruire le nostre collezioni in maniera divertente. La loro peculiarità è, infatti, quella di coinvolgere l’intera famiglia, in modo che possa sentirsi una vera e propria squadra alla scoperta attiva di cosa può nascondersi dentro le stanze di un museo come il nostro, ma anche di come chiunque, con qualche strumento di supporto, possa leggerlo giocando”. Oltre alla giornata dedicata alle famiglie al Museo – FAMu (ottobre), le ricorrenze in questione sono le festività che celebrano la Pasqua (marzo-aprile), San Floriano (maggio), San Settimio (22 settembre), Santa Lucia (dicembre), ma anche le aperture serali estive (luglio e agosto). Tutte le attività sono gratuite.  Il Museo Diocesano di Jesi propone alle scuole di  ogni ordine e grado attività didattiche divertenti e adattate alle specifiche esigenze di bambini e ragazzi.

Laboratori didattici

“I diversi laboratori rappresentano il tentativo di promuovere l’educazione al patrimonio culturale dando l’occasione di fare un’esperienza bella e significativa, divertente e arricchente- evidenzia Frattesi-. Le attività sono studiate con l’intento di rendere i partecipanti i veri protagonisti del percorso con modalità esperienziali e attive.Tutti i laboratori sono gestiti dalle operatrici museali, ma la presenza e l’ausilio del docente è fondamentale per la buona riuscita dell’attività. Il nostro staff è a disposizione del personale docente per informazioni dettagliate sulle attività proposte. Ogni proposta può essere declinata e graduata per le varie fasce d’età a partire dai 12 mesi fino ai 19 anni”.  Inoltre “le collezioni del Museo Diocesano permettono di effettuare percorsi tra arte e fede: lo staff è a disposizione per accompagnare i bambini e i ragazzi che frequentano il catechismo alla scoperta delle opere e ad organizzare insieme ai catechisti eventuali attività laboratoriali connesse, anche al di fuori dell’orario di apertura ordinaria”. 

Accessibile a tutti

L’idea di sperimentare un percorso tattile, racconta Frattesi, “è stata a lungo pensata e coltivata nell’ambito della Biennale Arteinsieme – cultura e culture senza barriere, promossa dal Museo Tattile Statale Omero di Ancona ( a cui il nostro Museo Diocesano ha aderito con entusiasmo, anche in virtù delle peculiarità dei numerosi manufatti che conserva, solitamente inaccessibili ai più per la loro natura o per esigenze liturgiche”. E, aggiunge, “toccare questi oggetti, da noi appositamente selezionati, consente a tutti di fare un’esperienza sensoriale significativa per conoscere la tradizione culturale e cultuale del territorio:persone non vedenti o ipovedenti possono arricchire la fruizione di questo percorso con la riproduzione in braille del quadro di Antonino Sarti, opera del 1617 raffigurante il Martirio di San Settimio, primo vescovo di Jesi“. Il percorso, sperimentabile anche come parte integrante di alcuni laboratori per bambini e ragazzi, è personalizzabile in base agli interessi e alle esigenze del pubblico.  “Furto a Palazzo Ripanti” è il titolo di un fumetto che racconta una storia, che ha per protagonista un’immaginaria reliquia rubata nel 1743 da un uomo incappucciato durante una festa data per l’inaugurazione del Palazzo Ripanti (sede del Museo). Attraverso le vicende della reliquia si ripercorre la storia di Jesi, del Palazzo e delle opere conservate nel Museo. “La nostra storia è ogni tanto interrotta da un personaggio guida che chiede di trovare degli oggetti, menzionati nel fumetto, oggi conservati nel Museo: attraverso un codice QR si accede ai contenuti multimediali del percorso creato sulla app gratuita izi.TRAVEL per ascoltare un approfondimento, fare un quiz, sentire un suono e molto altro- afferma Frattesi-.Il tour interattivo del Museo diventa un secondo percorso complementare e parallelo al fumetto, due esperienze che si integrano, ma che possono essere fatte anche indipendentemente l’una dall’altra. Il fumetto e il relativo percorso sono scaturiti dal progetto 2015/2016 “Come ti vorrei…il museo pensato dai giovani”, realizzato grazie al sostegno della Fondazione Cariverona e in collaborazione con la Scuola Secondaria di Primo grado Lorenzini di Jesi e la Scuola Internazionale di Comics – sede di Jesi”.