Don Elio, il tratto gentile del pastore di anime

Era un cardinale scienziato monsignor Elio Sgreccia, o don Elio, come un po' tutti nelle Marche lo chiamavamo. Nei piccoli gesti si svelava la sua grandezza di autentico uomo di Dio. Come quando nella sua amatissima Nidastore, frazione di Arcevia, decise di donare due Case Famiglia all’Associazione Giovanni XXIII del suo amico don Oreste Benzi. Nelle battaglie per la difesa della fede e della dignità umana non dimenticava mai il tratto misericordioso e gentile del pastore d’anime, anche se l’eutanasia e l’aborto rappresentavano per lui due ferite sociali impossibili da rimarginare. Pur essendo riconosciuto a livello mondiale come il padre della bioetica, sapeva dire in modo semplice cose molto difficili. Lo ricordo a colloquio con i suoi studenti all’Università Cattolica. Man mano che procedeva la sua carriera accademica ed ecclesiastica invece di allontanarsi dalla sua vocazione di insegnante, riscopriva proprio la bellezza della missione di educare.

Le dimore paterne

Aveva ispirato Giovanni Paolo II nella creazione delle istituzioni curiali che ancora oggi rappresentano il faro della morale per i credenti in ogni angolo del pianeta. Fino all’ultimo è voluto restare a vivere nella sua piccola mansarda. Ai piani sottostanti abitavano i porporati più influenti della Curia durante gli ultimi tre pontificati. Ogni volta che lo incontravano, già malfermo e sempre più taciturno, i confratelli cardinali lo omaggiavano come si fa con il nonno profetico. Non mancava mai di informarsi sull’amata regione d’origine. Appena sentiva che qualcuno proveniva dalle sue parti lo bersagliava di domande su come si vive oggi nei piccoli centri. Era davvero un prelato glocal: in mente aveva l’universo ma nel cuore le sue colline. In uno dei nostri ultimi incontri mi raccomandò di aver cura di quelle dimore paterne da lui sempre rimpiante. Lì erano i sui natali, ed era felice che adesso ospitassero gli ultimi.