“A Natale prima le persone, poi i doni”

Non cadere nel pericolo di vivere soltanto il lato consumistico del Natale ma recuperare l'autentico spirito di questa meravigliosa festività cristiana. Questo il richiamo che il Vescovo di Sessa Aurunca, monsignor Orazio Francesco Piazza, ha voluto rivolgere alle comunità della sua diocesi. 

La lettera

Il pastore ha scritto ai fedeli della sua diocesi una lettera in vista della celebrazione delle feste natalizie. Un momento in cui riflettere sul mistero dell'Incarnazione e che non va sprecato per dedicarsi esclusivamente allo shopping e ai regali. “Nei nostri contesti vitali – si legge nella missiva – i beni sostituiscono sempre più le persone; ma, non sono le cose a riempire il cuore (certamente riempiono la casa, per divenire poi rifiuti da smaltire) quanto le persone con cui si costruisce la trama delle relazioni e gli spazi umani della vita”. Il Natale, dunque, merita di essere vissuto tenendo in primo piano i rapporti umani perché “con le persone, in relazioni libere e sicuramente intime, si sogna e si soffre, si condivide il cammino e si consolida la speranza di farcela tra le molteplici complicazioni che assillano”. “È vero – sottolinea il presule – che anche le persone possono essere causa di sofferenza e dolore, oltre che di gioia e fiducia; possono generare lacerazioni talvolta non più rimarginabili, con effetti devastanti, ma è altrettanto vero che non è la distanza dalle persone a ridurre i rischi della vita o a costruire dighe rispetto alle inondazioni delle possibili amarezze”. All'origine di queste complicazioni, secondo monsignor Piazza, ci sarebbe “il demone del possesso che riduce anche le persone a cose e, per questo, diventa più facile occuparsi di cose da possedere che non persone da incontrare e accogliere nella vita”.

Il presepe

Il declassamento dell'aspetto più spirituale del Natale è bene rappresentanto dall'emarginazione del presepe. Monsignor Piazza ha continuato la sua riflessione, mettendo a fuoco questa circostanza: “Nel Natale di Gesù, il Dio umanato, il presepe (spazio vitale della sua nascita così semplicemente comune e umana) è sostituito da un albero e da un babbo natale (immagine corpulenta del consumismo e della pubblicità) che riempiono di cose (doni) e allontanano da chi i doni li fa”. Questi simboli pongono al centro, secondo il Vescovo di Sessa Aurunca, “tutta l’attenzione su ciò che si riceve o si cerca, scompare invece chi fa il dono o è rappresentato nel dono”.  Questa riflessione lo ha portato ad osservare che “se l’attenzione è centrata ansiosamente sul possesso delle cose, non interessa il donatore, la sua presenza scompare; potrà essere un anonimo babbo natale o un albero sotto cui andarle a trovare! Al contrario è necessario ritrovare il volto alla persona che si fa presente nel suo farsi dono! Così possiamo accorgerci che solo le persone sanno rendere felici e più che cercare tante cose sarebbe opportuno ritrovare le persone che faticosamente ci sono accanto, ogni giorno”.

Sguardo a Gesù e Maria 

Il modo migliore per vivere queste festività è quello di chi si sofferma sulla scena della Natività e ne coglie il suo significato più autentico: “La scena di quel presepe – scrive il Vescovo – ridesta in noi la nostalgia di vera umanità; semplice ed essenziale. In quelle figure, in quella scena, tutto è ricomposto nella sua armoniosa relazione di reciprocità! Non vi è felicità senza vere relazioni“. Per questo, il presule esorta i fedeli a soffermare lo sguardo su Gesù e trovare “i lineamenti che lo rassomigliano alla Madre” che “sono i tratti umani di Dio, sono i tratti in cui possiamo riconoscerci tutti noi. Abbiamo solo bisogno di spalancare occhi e cuore a questa visione e porci in ascolto di quella piccola voce che, teneramente, emerge dal profondo di noi stessi; la tenerezza dell’umano”.