Tra Bauman ed ex Ilva, il paradigma Cetto

Dal 21 novembre è nei cinema Cetto c’è, senzadubbiamente, terzo capitolo della trilogia di Cetto La Qualunque, con Antonio Albanese. “Non escludendo la possibilità di un quarto film legato al folle politico, il pubblico potrà godere di 93 minuti di risate – osserva Skytg 24 -. Se con la democrazia non è riuscito a rendere l’Italia un Paese più in linea con la sua visione delle cose, in questa pellicola tenta la via della monarchia, tramutandosi in Re”.

Sovrano anti-crisi

E se ci volesse un re per risolvere i problemi dell'ex-Ilva?”, si chiede oggi sulla Stampa Massimiliano Panarari, docente di Informazione e potere all'Università Bocconi di Milano -. Un sovrano sovranista, un monarca del “Prima gli italiani” (e, certo, non un imprenditore globale-maharajà indiano)”.

Maschera grottesca

Al centro dell'ultimo film di Antonio Albanese – Cetto c'è, senzadubbiamente (2,5 milioni di incasso nel primo weekend di programmazione, più del doppio del kolossal di Roman Polanski L'ufficiale e la spia sul caso Dreyfuss) -, terzo capitolo della trilogia del “cettolaqualunquismo”, si colloca la trovata di un golpe monarchico. “Un cialtronesco, sebbene meticolosamente studiato, tentativo di restaurazione di una monarchia assolutista a cui il quasi latitante Cetto La Qualunque aderisce “assolutissimamente” (per farsi gli affaracci propri) – osserva il professor Massimiliano Panarari -. In poco meno di un decennio (a partire da Qualunquemente nel 2011), seppure con esiti disuguali (e a volte meno felici delle potenzialità), la serie di film su Cetto ha inventato e imposto al pubblico una grottesca maschera della commedia dell'arte di questa nazione divenuta ormai post-tutto (ma mai davvero “normale”). E ha saputo riproporre i vari mutamenti del clima d'opinione di questi anni”.

La satira sulle “smart solutions”

Così, la pellicola ora nelle sale ridicolizza il tentativo del figlio Melo di emanciparsi dal padre facendo il sindaco del paese a colpi di app, smart solutions, piste ciclabili, tanto verde pubblico, servizi per i cittadini e tornelli e badge per gli infastiditi dipendenti comunali. “Ma a costituire il modello vincente – ahinoi – è appunto sempre il papà, prototipo del peggio della premodernità italiana che ha saputo traghettarsi nella postmodernità, sfruttandone le opportunità – analizza Panarari -. E, così, il cettolaqualunquismo rappresenta uno specchio (neanche troppo deformato) di una certa antropologia nazionale, e l'espressione trionfante di una sottocultura che rivendica con orgoglio le proprie malefatte, e si stupisce (fin quasi a indignarsi “sinceramente”, come Cetto) se qualcuno le si oppone in nome della legalità”.

Le pizzerie-lavatrici in Germania

Il personaggio sembra a Panarari un'incarnazione del pensiero del filosofo Ernesto Laclau. “In maniera totalmente inconsapevole, va da sé, dal momento che lui ha business ben più importanti della “cultura” a cui badare (come quelli delle sue pizzerie-lavatrici in Germania); e, poi, quando sente quella parola mette mano – letteralmente – alla pistola. Per Laclau l'essenza del politico consiste nella costruzione di un popolo; e, di fatto, finisce per coincidere con il populismo”.

Monarca e capoclan

La politica, dunque, per banalizzare un po' (ma non troppo), è sempre un affare di capi, boss e comandanti. E, secondo Panarari, ecco allora, che Cetto identifica, per molti versi, la politica di questi nostri tempi. E, già autoproclamatosi nelle puntate precedenti della saga come un “leader di sinistra, centro, destra, di sopra e di sotto”, in questo terzo atto viene irretito dall'offerta di diventare monarca (non da operetta, ma brutale come un capoclan).

Il neoborbonismo “liquido”

Perché, dice Albanese nel film, gira e rigira, di fronte al “conclamato fallimento della democrazia” gli italiani invocano sempre “l'uomo forte”. Che adesso si presenta con un mix di neoborbonismo e social sui quali riproporre, via Internet, il referendum tra monarchia e Repubblica. Un aspirante re neoborbonico emblematico secondo il professor Pananari del fatto che l' Italia volge troppo sovente lo sguardo al passato; e, oltre a non fare le rivoluzioni (“il che, peraltro, non è necessariamente un male”), si ritrova sempre più immersa nella dimensione della retrotopia, come l'aveva chiamata Zygmunt Bauman.

L’Uomo Forte

Mai un progetto sul futuro e, per contro, il perenne rimpianto di un passato idealizzato e impossibile da riproporre. Mai un rischio e, invece, sempre il bisogno di rassicurazione. Non per nulla, il sovranismo e il populismo sono anch' essi, sotto più di un profilo, retrotopie, e si risolvono in una nostalgia regressiva (e aggressiva) di una perduta età dell'oro che, in verità, non c' è mai stata. “Dai, dai, conta su. Ah, beh, sì, beh. Ho visto un re”. O un Uomo Forte, chiosa Panarari.

Personaggio pittoresco e simpatico

Sono ormai trascorsi ben 10 anni dall’elezione di Cetto La Qualunque nel comune di Marina di Sopra, in Calabria. “Da allora il politico ne ha vissute tante, dal carcere al Parlamento, fino a una nuova latitanza- ricostruisce Skytg 24 -. Si è ritirato in Germania, dove ha detto addio a ogni sorta di aspirazione politica. Quel mondo non fa per lui e così ha deciso di investire in una catena di ristoranti e pizzerie. I tedeschi lo hanno accolto in maniera positiva, ritenendolo un personaggio a dir poco pittoresco e di certo simpatico”. Ha inoltre messo su famiglia, nuovamente, con moglie e figlio tedeschi. Si ritrova inoltre a confrontarsi con dei suoceri neonazisti, che non hanno una splendida idea di lui, italiano e meridionale.

Il richiamo della patria

“Cetto non ha però dimenticato l’Italia e decide di tornarvi per dare il suo ultimo saluto alla zia che lo ha accudito. La donna è gravemente malata e prima di spirare gli rivela un segreto: ha origini nobiliari – evidenzia Skytg24 -. Senzadubbiamente è il terzo capitolo della trilogia di Cetto La Qualunque, il personaggio per eccellenza creato da Antonio Albanese nel corso della sua lunga carriera. Il suo politico ha fatto l’esordio televisivo nel 2003, per poi ottenere un grande riscontro di pubblico grazie alla collaborazione con la Gialappa’s Band”.

Losco sottobosco

Nel 2011 arriva in sala Qualunquemente, primo film della saga di Cetto, diretto da Giulio Manfredonia, dietro la macchina da presa anche per gli altri due titoli. In questo film Cetto fa ritorno in Italia, a Marina di Sopra (Calabria) dopo una lunga latitanza all’estero. È intenzionato a riprendere il proprio posto sia in famiglia che nel losco sottobosco illegale cittadino. “Si rende conto però di come la legalità tenda a serpeggiare nel paesino, con l’onesto Giovanni De Santis, maestro di professione, intenzionato a candidarsi per diventare sindaco – puntualizza Sktg24 -. Per evitare una sua elezione, Cetto decide di scendere in campo, dando vita a una folle campagna elettorale. I suoi metodi però difficilmente gli garantiranno la vittoria. Lui lo sa bene e così decide di affidarsi a un professionista del settore, Gerry, interpretato da Sergio Rubini”.

In latitanza

 Nel 2012 giunge in sala Tutto tutto niente niente, che spiega come Cetto sia finito in carcere, così come tutto il suo consiglio comunale. In cella, rievoca Skytg24, decide di non fare alcun nome per ottenere favori, il che in realtà gli fa ottenere la riconoscenza di un potente Sottosegretario (Fabrizio Bentivoglio), che lo porta in Parlamento insieme ad altri due folli personaggi, Rodolfo Favaretto e Frengo Stoppato, interpretati dallo stesso Albanese. Il comico offre così allo spettatore una visione totalmente assurda della politica italiana. Una pellicola che si conclude ancora con la minaccia del carcere, il che spinge i tre a darsi alla latitanza.