Harry e Meghan: quanto costerà la loro fuga d'amore?

Il potere logora chi non ce l'ha” si dice che solesse ripetere Giulio Andreotti. Ma se questa fu una verità della Seconda Repubblica, oggi nel Regno Unito c'è chi vede il “potere” con un occhio differente. È la critica più feroce mossa ai duchi di Sussex Henry Mountbatten-Windsor e Meghan Markle, noti ai più come Harry e Meghan, che avrebbero “barattato” il loro titolo regale con gli impegni istituzionali connessi. Un'azione imperdonabile per gran parte dell'opinione pubblica inglese perché, al di là del suo scheletro monarchico, la corona pesa e i diamanti, per quanto preziosi, rimangono pietre. Cosa significa il caso “Harry e Meghan” da un punto di vista simbolico-istituzionale? Interris.it lo ha chiesto ad Alessandro Acciavattistorico delle istituzioni.

Con il caso Harry e Meghan, si può parlare di crisi dell'istituzione regia?
“Direi di no. La vera crisi si ebbe quando Edoardo VIII, zio della Regina, sposò Wallis Simpson e decise di abdicare lasciano il posto al fratello, il futuro Giorgio VI – che tra l'altro non voleva diventare re -. Il caso di Meghan è assimilabile soltanto per un aspetto: è la prima volta che un membro della Casa Reale, Harry, chiede e ottiene dalla nonna di esercitare le sue funzioni a mezzo servizio”.

Cosa implica tutto questo?
“Questo ha diverse conseguenze che si comprendono se ci si focalizza sulla vera novità dell'atto di Harry e Meghan: i duchi di Sussex hanno chiesto a Sua Maestà di guadagnare dalla loro immagine, per giunta fuori dall'Inghilterra. Questo crea un precedente, perché finora i membri della famiglia reale, che pur patrocinano svariate iniziative e attività benefiche, non percepiscono reddito. Finora i duchi hanno recepito circa 2 milioni e mezzo di sterlie all'anno per il loro titolo, pagate dai contribuenti inglesi, che lo hanno fatto di buon grado purché esercitassero il loro ruolo entro la Manica. Ora che i due hanno deciso di vivere sei mesi in Canada, cosa implicherà tutto questo? La reazione dei sudditi è imprevedibile. Harry e Meghan sono membri della famiglia reale: la Regina ha concesso loro di spostarsi in Canada solo perché si tratta di un Paese del Commonwealth, in cui è forte il legame con l'Inghilterra. Ma il governo canadese dovrà sobbarcarsi i costi della difesa e della sicurezza di uno che resta nipote della Regina d'Inghilterra. Dubito che i canadesi siano felici di sostenere questo a loro spese”.

Ci sono stati errori di valutazione, quindi?
“Sì, va fatta notare un'operazione un po' goffa. Nei primi mesi dopo le nozze, Harry e Meghan hanno fatto restaurare una residenza inglese a spese dei sudditi inglese, in  seguito hanno annunciato la scelta di andare via. Questo è un passo azzardato verso un popolo che è affezionato alla monarchia, anche grazie alla Regina. Elisabetta II è, infatti, l'esempio vivente di dedizione totale alle istituzioni: lei non solo ha fatto e continua a fare sacrifici personali, ma il suo è un lavoro a tempo pieno. Certamente, se la crisi fosse stata evitata, per la monarchia britannica sarebbe stato meglio”.

Che ruolo riveste la Regina nel Regno Unito?
“Un ruolo essenziale. I sudditi inglesi sin da bambini sentono parlare della regina e forse questo ha inficiato sulla percezione che poteva averne Meghan Markle. La sovrana d'Inghilterra, inoltre, è l'unica assimilabile al Pontefice Romano: è capo di Stato e capo della Chiesa, con delega all'arcivescovo di Canterbury”.