Vangelo e diritti umani: c'è conflitto?

Non si dovrebbe mescolare il sacro con il profano. Gesù disse: Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio (Matteo, 22, 15-22). Davvero, c'è stato un conflitto tra cattolici e sostenitori dei diritti umani? Sicuramente il vero conflitto fu (oggi come allora) tra credenti e non credenti. Se ne discute nel volume di Marcello Pera dal titolo “Diritti umani e cristianesimo. La Chiesa alla prova della modernità” (ed. Marsilio, Venezia, 2015, pagine 170).

Marcello Pera ritiene che “oggi ‘la Chiesa, in forza del Vangelo affidatole, proclama i diritti umani’, secondo l'espressione usata dal Concilio Vaticano II, e considera questa proclamazione come un ‘aggiornamento’ del messaggio cristiano. Sul fronte opposto, i diritti umani sono considerati beni di giustizia che si possono giustificare sulla base della ragione ed esportare ovunque”. E continua così: “Dubito di queste tesi. Penso che, accettando i diritti umani, in particolare i diritti sociali, la Chiesa abbia riveduto il suo tradizionale insegnamentoche mette al centro del comportamento cristiano i doveri dell'uomo verso Dio, non i suoi diritti verso gli altri uomini” (anche nella presentazione del libro).

Marcello Pera è un laico preoccupato del destino della civiltà occidentale e si domanda quale prezzo il cristianesimo paghi alla dottrina dei diritti umani? (p. 16 s.). A dire il vero, personalmente, non comprendo perché il cristianesimo dovrebbe pagare un prezzo alla dottrina dei diritti umani.  Tuttavia, andiamo avanti. Pera nutre “forti dubbi sullo statuto dei diritti umani” e “sulla compatibilità dei diritti umani con la dottrina cristiana” (p.17).  Sempre secondo Pera “i diritti umani snaturano i doveri cristiani” (p.17). Lamenta “il fenomeno incontrollabile della proliferazione dei diritti umani” (p.18). Teme che “accogliendo … la dottrina dei diritti umani, la Chiesa non abbia solo cambiato linguaggio” (p. 20). E a sostegno della sua tesi cita John Henry Newman secondo cui: “La coscienza ha diritti perché ha doveri; ma al giorno d'oggi per buona parte della gente, il diritto e la libertà di coscienza consistono proprio nel liberarsi della coscienza, nell'ignorare il Legislatore e il Giudice”, ne deriva il “diritto ad agire a proprio piacimento” (p. 20). Insomma Marcello Pera teme che l'ideologia dei diritti umani si trasformi in una religione senza Dio (p. 20). Timore inconsistente.

Si può partire dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino approvata dall'Assemblea Nazionale francese il 26 agosto 1789, all'inizio della Rivoluzione più celebre della storia. “I rappresentanti del popolo francese costituiti in Assemblea Nazionale, considerando che l’ignoranza, l’oblio o il disprezzo dei diritti dell’uomo sono le uniche cause delle sciagure pubbliche e della corruzione dei governi, hanno stabilito di esporre, in una solenne dichiarazione, i diritti naturali, inalienabili e sacri dell’uomo, affinché questa dichiarazione costantemente presente a tutti i membri del corpo sociale, rammenti loro incessantemente i loro diritti e i loro doveri; affinché maggior rispetto ritraggano gli atti del Potere legislativo e quelli del Potere esecutivo dal poter essere in ogni istante paragonati con il fine di ogni istituzione politica; affinché i reclami dei cittadini, fondati d’ora innanzi su dei principi semplici ed incontestabili, abbiano sempre per risultato il mantenimento della Costituzione e la felicità di tutti. Di conseguenza, l’Assemblea Nazionale riconosce e dichiara, in presenza e sotto gli auspici dell’Essere Supremo, i seguenti diritti dell’uomo e del cittadino”.

Nel testo si usano parole come “diritti naturali”, “diritti inalienabili”, “diritti sacri dell'uomo”. Il linguaggio ovviamente è quello dei tempi (rivoluzionari, per allora) da ritoccare per i tempi moderni:

– i diritti naturali stanno per i diritti che a nessuno dovrebbero esser negati. Qualsiasi ordinamento giuridico che non li riconosca è da considerare in grave difetto e profondamente incivile;

– si parla anche di Essere SupremoUna denominazione non proprio accettabile per un buon cristiano. Ma non affrontiamo questo tema. Altrimenti ci dovremmo fermare qui; e non mi sembra proprio il caso.

Ma veniamo al nocciolo della questione: risponde a vero che i “diritti umani” siano un qualcosa di estraneo alla concezione cristiana della vita?  Oppure i diritti degli esseri umani sono tutti nel messaggio evangelico? Per la risposta a quest'ultima domanda sono costretto a rinviare ad un altro mio scritto pubblicato su questo stesso giornale (il 23 giugno 2018), dal titolo: Sui rapporti tra Cristianesimo e diritti umani.

Ma perché i cristiani, ed in particolare, perché i cattolici, si sono scontrati con i rivoluzionari liberali che approvarono la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino? Torniamo all'esposizione delle idee del filosofo Marcello Pera. Egli sostiene che nei primi tempi “la Chiesa avrebbe avversato i diritti dell'uomo perché i loro promotori li interpretavano e usavano come uno strumento di liberazione dalla religione” cattolica e da tutte le altre religioni (p. 24). E “perché altri promotori li invocavano nel nome di un Dio della ragione, con scarne o nessuna rassomiglianza con il Dio della rivelazione” (p. 24). Insomma tutto il potere temporale esercitato dalla Chiesa cattolica fino ad allora era messo in discussione, tanto è vero che tra i “primi diritti reclamati figurava la libertà religiosa” (p. 24).

Invero il tentativo messo in atto fu un altro: quello di sottomettere le religioni al potere dello Stato, con l'imposizione a tutti i cittadini e soprattutto ai componenti del clero dell'obbligo di giurare fedeltà alle leggi dello Stato [Costituzione civile del clero (12 luglio 1790)]. Così da anteporre lo Stato a Dio. E sottomettere il sacro al profano. Questo era inaccettabile per ogni vero credente. Infatti molti sacerdoti cattolici si rifiutarono di giurare. Di fronte al rifiuto di molti sacerdoti francesi di giurare fedeltà alle leggi dello Stato; e di fronte all'influenza che questo rifiuto esercitava presso il popolo delle campagne (la stragrande maggioranza dei francesi) si pensò da parte di Robespierre di creare una nuova religione: devota ad un Essere superiore, alla dea Ragione. Al fine di attirare le simpatie dei credenti verso un nuovo culto. E questo nuovo culto, questa nuova religione di Stato, ebbe tutti i finanziamenti sottratti agli altri culti. Questa messinscena fantasiosa e poco credibile, si rivelò un vero disastro. Si cadde nel ridicolo. Ma l'insuccesso di questo tentativo produsse un evento epocale. Inaspettato:la nascita dello Stato laico e la separazione tra le questioni religiose da quelle dello Stato. Separazione allora effettuata in fretta e furia. Ma divenuta più chiara a tutti, decenni dopo, con la semplice ed espressiva sintesi (attribuita a Cavour e comunque da lui pronunciata): “Libera Chiesa in Libero Stato” (cfr. R. Federici, Guerra o diritto?, Editoriale Scientifica, Napoli, 2013, p. 107).  Se così è, la questione non è più riconoscimento dei diritti umani o non riconoscimento dei diritti umani, ma un'altra: subordinazione delle religione cristiana allo Stato; o ribellione contro questo tentativo di imposizione. Ecco, il clero cattolico con la sua fermezza nel rifiutare la sottomissione, costrinse le forze rivoluzionarie a perseguitare i cattolici. Ma quando i credenti sono perseguitati, essi esprimono al meglio la loro vera forza. Forza che, invece, troppo spesso si dissolve quando il cristianesimo è vincente.  Da questo scontro epocale, nacque una nuova creatura: lo Stato laico: “libera Chiesa in libero Stato”.  Fino ad allora tutti gli ordinamenti giuridici, tutti gli Stati, erano Stati teocratici. Alla loro base vi era stata, sempre, una qualche regola di origine religiosa. Non si era mai verificata una separazione netta fra regole religiose e regole giuridiche. Eppure Gesù aveva ammonito, in forte anticipo sui tempi: Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio (Matteo, 22, 15-21).

I cattolici francesi non accettarono la subordinazione e con la forza del loro dissenso costrinsero lo Stato rivoluzionario a togliersi dall'impiccio in cui si era cacciato. E così nacque una forma di Stato (lo Stato laico) in cui lo Stato medesimo non si occupava di questioni religiose. Chi si dichiarava cattolico non aveva nulla da guadagnare dal punto di vista terreno; e così tutti coloro che fino ad allora erano stati cattolici per pura convenienza lasciarono il loro posto ai veri credenti. E la Chiesa ne trasse grande giovamento. E tornò più vicina alle vere esigenze del popolo e dei suoi bisogni. Erano trasmigrati su altri e più comodi lidi, tutti coloro che fino ad allora avevano occupato anche le più alte cariche ecclesiastiche per goderne i privilegi, senza offrire i dovuti servizi di amore e carità cristiana. Ciò era accaduto, invece, nel periodo di grande commistione tra il potere temporale e il potere spirituale. Periodo in cui i figli della nobiltà e dell'aristocrazia si spartirono le più alte cariche ecclesiastiche: diventate di loro esclusivo appannaggio. Non c'è mai stato un conflitto tra i principi contenuti nel Vangelo e i contenuti dei diritti umani, semmai ci fu un fraintendimento. Dall'una e dall'altra parte. Il vero conflitto è (oggi come allora) tra credenti e non credenti.